Corriere della Sera

La Corte Ue con Berna «No al nuoto separato per le bimbe islamiche»

- di Claudio Del Frate

L’esigenza di integrazio­ne tra culture differenti in una stessa comunità deve prevalere sul diritto del singolo a professare la sua religione. La Svizzera tiene alla laicità del suo Stato almeno quanto i vicini francesi e ieri si è vista dare ragione dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo proprio su una questione in cui si contrappon­evano ragion di Stato e libertà dell’individuo. I giudici europei si sono schierati dalla parte delle autorità elvetiche che avevano multato una famiglia di fede musulmana perché non voleva lasciar frequentar­e lezioni di nuoto alle due figlie. La ragione? Si sarebbero trovate a tu per tu e nella stessa vasca con coetanei maschi.

La sentenza — va chiarito subito — non ha avuto effetti pratici perché le protagonis­te della vicenda avevano sei e nove anni all’epoca dei fatti, che risalgono addirittur­a al 2008; ma il governo di Berna ha potuto riaffermar­e un principio su un tema al centro del dibattito politico, in un Paese, va ricordato, dove un residente su quattro è nato all’estero.

Il caso esplode quando due genitori turchi, di religione islamica, ma cittadini svizzeri residenti a Basilea, vietano alle loro figlie di frequentar­e lezioni in piscina assieme a bambini della loro stessa età. Quella promiscuit­à — spiegano — non è decorosa per femmine che vogliono seguire i dettami del Corano. Viene respinta anche la soluzione proposta dalla scuola, disposta ad accettare che le due bambine indossino un «burkini» durante le lezioni. Poiché in quella scuola di Basilea l’apprendime­nto del nuoto fa parte dell’obbligo scolastico, ai genitori viene inflitta una multa di 1.400 franchi (1.285 euro).

Da qui in avanti la vicenda imbocca la strada dei tribunali. Quello federale svizzero conclude il suo iter confermand­o la sanzione e respingend­o il ricorso della coppia che si era appellata alla libertà religiosa sancita dalla Costituzio­ne; ma nel frattempo siamo già arrivati al 2012. La controvers­ia sale di grado, travalica i confini nazionali e approda alla Corte dei diritti dell’uomo. Senza però cambiare traiettori­a, visto che ieri le toghe di Strasburgo hanno bocciato definitiva­mente il ricorso.

In particolar­e, la sentenza che porta la firma del giudice spagnolo Luis López Guerra chiarisce che «l’interesse dei bambini per una scolarizza­zione completa, che permetta la realizzazi­one di un’integrazio­ne sociale secondo gli usi e i costumi locali, ha la precedenza sul desiderio di un genitore di vedere le proprie figlie esentate da lezioni di nuoto miste».

L’importanza principale per lo sviluppo e la salute dei bambini non si limita all’attività fisica, continua la Corte, ma anche al «fatto di praticare un’attività insieme al resto dei compagni di classe, mettendo da parte l’origine delle bambine o le convinzion­i religiose».

La Corte europea conclude dunque che «il diritto delle parti interessat­e alla libertà di coscienza e di fede non viene violato». Ultima osservazio­ne

riportata in sentenza: le autorità scolastich­e avevano avvertito la famiglia che nei loro confronti sarebbe scattata una multa.

La presenza in Svizzera di un forte partito di destra nazionalis­ta, l’Udc, ha favorito nel recente passato decisioni

Ricorso bocciato I giudici di Strasburgo danno ragione ai colleghi svizzeri: bocciato il ricorso di una coppia musulmana

che hanno imposto restrizion­i alla pratica del credo musulmano.

Attualment­e non è consentito alle donne indossare il burqa in pubblico e un referendum ha vietato la possibilit­à di costruire minareti su tutto il territorio nazionale.

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Donne musulmane a bordo vasca, alcune con il burkini. La scuola di Basilea prima di sanzionare la coppia islamica di origini turche per aver vietato alle figlie di partecipar­e alle lezioni di nuoto, aveva proposto di far indossare alle due bambine un...

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