L’anno record per le donazioni di organi: Toscana in testa
Nel 2016 sono stati 1.303 i casi in cui è diventato possibile il trapianto. Aumentano anche i «samaritani»
Il 1992 appartiene a un’altra era. L’Italia era ultima in Europa per numero di trapianti, a minacciarla nel «primato» solo la Grecia. La situazione si è capovolta. Oggi siamo in cima all’Europa, spalla a spalla con Paesi che parevano un obiettivo irraggiungibile. Anno record per le donazioni.
Nel 2016 quelle utili, dove cioè è stato possibile utilizzare gli organi, sono state 1.303, rispetto alle 1.165 del 2015. Significa che altrettante famiglie hanno autorizzato i chirurghi a prelevare dal corpo del loro caro cuore, reni, fegato o polmone. Oppure sono state le vittime di traumi ad aver espresso in vita, anche facendolo scrivere sulla carta di identità, il desiderio di lasciare alla comunità ciò che avrebbe potuto salvare malati in lista di attesa, oggi 8.856. Bene anche le donazioni di fegato e rene da vivente (20 e 273).
In aumento i samaritani, esempio di altruismo all’ennesima potenza. Si privano di un rene semplicemente per fare del bene, senza sapere a chi andrà. «Perché non farlo», si è chiesta Paola in una lettera di testimonianza al Corriere, seconda samaritana italiana in ordine di tempo. Ieri il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha dato notizia di un terzo volontario. Un panettiere di Vicenza: «Ho capito quanto fosse importante vedendo la sofferenza di un mio cliente in dialisi». Ad aumentare la disa sponibilità, nuove tecniche che permettono di mantenere attivi organi appartenenti a persone decedute per arresto cardiocircolatorio. Le funzioni vitali vengono mantenute con la perfusione dopo 20 minuti, il tempo indicato per l’accertamento di morte.
«Quest’anno abbiamo recuperato 20 donatori», dice Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale, il Cnt. Nel 2016 sono stati 3.736 i trapianti. La regione più genero- Mila Sono quasi novemila, per la precisione 8.856, le persone in lista d’attesa per un trapianto si conferma la Toscana, ma risalgono anche quelle meno efficienti, a cominciare dal Sud. Reparti di rianimazione più attenti al rapporto con le famiglie, centri di chirurgia ad alta specializzazione (la metà degli interventi vengono effettuati tra Padova, Milano, Bologna e Torino) e un modello organizzativo perfezionato sono alla base della ripresa.