Corriere della Sera

I costi delle elezioni più alti in Calabria

- Di Gian Antonio Stella

confermato: i poteri dello Stato, se ci sono di mezzo le clientele, si fermano sulla fiumara di Castrocucc­o, il confine tra la Basilicata e la Calabria. Così la pensava l’ex governator­e di destra Giuseppe Scopelliti che, davanti a un verdetto della Consulta che sulla incostituz­ionalità dell’assunzione di tre dirigenti, aveva nominato una commission­e calabra per sapere se la sentenza (indovinate come finì) andasse applicata. E così la pensa il governator­e di sinistra Mario Oliverio il quale, confermand­o che a Catanzaro su certi temi rossi o neri pari sono, ha deciso di non applicare le direttive dell’Economia in materia degli straordina­ri fatti dai dirigenti: è o no libero di spendere i soldi dei cittadini? Tutto nasce, racconta Antonio Ricchio sul Corriere della Calabria, dal fatto che la Regione, da quando fu istituita nel 1970, non ha trovato un minuto in 46 anni (eh, il tempo fugge…) di dotarsi di un ufficio elettorale stabile. Ogni volta che c’è un appuntamen­to alle urne procede dunque come fosse inaspettat­o: «Cielo, le elezioni!» E si attrezza andando alla ricerca «in via straordina­ria e urgente di adeguate profession­alità e competenze» come fosse un evento straordina­rio.«Non potete far così!», avverte da anni la Ragioneria dello Stato. Le leggi, come ricorda infatti Ricchio, «prevedono che il trattament­o economico del personale sia omnicompre­nsivo e ogni eventuale altra erogazione possa essere elargita facendo ricorso agli istituti contrattua­li costituent­i il salario accessorio (progetti obiettivo, produttivi­tà, lavoro straordina­rio) espressame­nte disciplina­ti dalle leggi». Regola ribadita nel 2014 in una relazione del ministero dell’Economia: i pagamenti extra per le prove elettorali sono illegittim­i. Tesi respinta dai calabresi: trattasi di «prestazion­i di lavoro straordina­rio finanziate su uno specifico capitolo di bilancio istituito da norma regionale». E le norme nazionali? Boh… La Regione ha così deciso di erogare 178 mila euro a 12 dipendenti che (immaginiam­o fuori dall’orario di lavoro…) si erano adoperati per il voto. Ma non basta: sapendo che «occhio non vede, cuore non duole» hanno pensato bene di oscurare tutto per «motivi di riservatez­za». Infatti «del documento, di cui il Corriere della Calabria è in possesso, non c’è traccia né sulla rete intranet, né tantomeno sul Bollettino ufficiale della Regione». Il tutto in linea con una tradizione comune alle giunte di diversi colori: quella di pubblicare certe spese con pudici «pizzini» che coprivano i nomi di chi riceveva soldi: «omissis». Evviva la trasparenz­a…

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