Corriere della Sera

7 milioni di leggerezza

Siani: «Credo nelle fiabe e porto Maradona al San Carlo Polemiche sul campione? Io difendo l’anima di Napoli»

- Chiara Maffiolett­i

«Mister Felicità» Il re degli incassi festivi

Isoldi non fanno la felicità, figuriamoc­i la miseria, diceva Totò e ricorda oggi Alessandro Siani. E lui, con il suo Mister Felicità, ne sta incassando davvero tanti: oltre 7 milioni di euro in meno di dieci giorni. Ma, ascoltando­lo, si capisce che per l’attore, davvero i numeri non sono tutto: «La vera felicità per me, è ogni volta che, al cinema o a teatro, posso raccontare una mia storia. Ai conti economici ci pensano i produttori, io devo fare i conti con me stesso...».

Non le fa effetto che sempre così tanta gente non perda i suoi film?

«Eccome se mi fa effetto. Sono stati pure giorni di freddo, di neve... Ma mi rendo conto che la vita vera, le cose che contano, sono altre. Dedico tanto tempo al lavoro, questo sì. La mia è una passione a tempo indetermin­ato. Ma io non sono Zalone: sono solo uno fra i tanti che si è infilato in quel meccanismo complesso che è il cinema».

Non proprio uno fra i tanti: pochi fanno i suoi numeri

«Conosco e ho avuto la fortuna di lavorare con grandi signori della commedia: Bisio, De Sica, De Luigi, Abatantuon­o. I numeri li condivido con loro. Zalone però riesce a fare luce non solo sulla commedia, ma sul cinema italiano: è un grande esempio per me».

Nel suo film si finge mental coach e aiuta gli altri a trovare la felicità. E’ dunque una questione di esercizio?

«Credo che si è davvero felici solo quando non ci chiediamo se lo siamo. Del tipo che ero felice ma non me ne sono accorto. La felicità può essere anche una distrazion­e, lo staccare il cervello dai pensieri di fronte a cui la vita ti pone».

Fa spesso riferiment­o alla «vita vera». Perché?

«C’è chi vive “su” e chi vive “tra” la gente. Io ho scelto la seconda opzione, ed è il motivo per cui sono rimasto a Napoli: voglio capire la mia città, esserne in contatto. Succede anche con la recitazion­e: c’è un metodo che per riprodurre la realtà ti suggerisce di entrare in un bar e osservare chi ordina un caffè. E poi c’è il metodo che ti dice di entrare in un bar e andare a parlare con quello che ordina il caffé: ecco, questo è il mio metodo».

Da bambino immaginava che avrebbe fatto l’attore?

«Tutto è capitato un po’ come per incanto. Stavo studiando Scienze Politiche e mi sono lasciato trascinare dalla recitazion­e. Ancora adesso, ogni volta che riesco a fare qualcosa che mi piace, lo ritengo un miracolo: mi rendo conto che non è un fatto normale».

La sua famiglia ha capito subito la sua scelta di lasciare l’università?

«Non mi hanno capito nemmeno adesso. E neanche io so davvero se è stata la strada giusta. Questo è un lavoro da eterni precari, non c’è mai un senso di tranquilli­tà. Mio padre era operaio, mia mamma casalinga e mia sorella si è laureata. Ci sono stati anni di grandi sacrifici ma quando oggi vedo negli occhi di papà che è fiero di noi, posso dire di aver fatto bene. E di sentirmi felice».

All’inizio del film è un ragazzo che nemmeno prova a cambiare la sua vita perché tanto «non posso farci nulla». In molti la vedono così?

«Penso che la gente sia stanca di arrangiars­i, viviamo in un Paese complicato. Interpreto uno che anni fa avrebbero definito un bamboccion­e, ma alla fine lascio uno spiraglio».

Il 16 gennaio porterà al San Carlo Maradona, protagonis­ta del suo spettacolo, «Tre volte 10». Perché lui?

«Perché Maradona è la prova inconfutab­ile che un uomo solo può cambiare il volto di una città. Sono passati 30 anni dal primo scudetto col Napoli ed è rimasto un mito. Vivevamo nella rassegnazi­one, ma lui ha cambiato anche l’economia della città: dalle banche alle bancarelle. Maradona ha risanato l’anima dei napoletani dalla sconfitta».

I biglietti si sono subito esauriti (lo show andrà in onda sul canale Nove, in primavera), ma non le polemiche: il tempio della lirica violato dal pop. Dispiaciut­o?

«I pareri contrastan­ti vogliono dire che Napoli è viva. Guardo il lato positivo: se ci sono persone contrarie allo spettacolo, vorrà dire che almeno loro non mi chiederann­o il biglietto omaggio. Già così sono in grande difficoltà».

Le mie storie sono ispirate dalla realtà Ma non paragonate­mi a Zalone: io sono uno fra i tanti, lui è unico

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Selfie Diego Armando Maradona con la senegalese Fatma Samoura, segretaria generale della Fifa

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