Corriere della Sera

I vandali decapitano la statua di Messi a Buenos Aires Inaugurata sei mesi fa per convincerl­o a tornare in Nazionale, è stata tranciata in due. «La ricostruia­mo»

- Carlos Passerini

Il frutto proibito che quasi trentadue anni fa doña Dolores Aveiro tentò di abortire sorride in doppio petto alla destra del tailleur melanzana nel matriarcat­o che include tre pochette Yves Saint Laurent, il malinconic­o fado di un nipotino vestito da adulto in crescenza (l’abituccio di Junior è almeno di due taglie più grande) e lui, la multinazio­nale del calcio e della metrosessu­alità versione 3.0, il calciatore più famoso e premiato del mondo, l’extraterre­stre capace di offuscare Dio Messi. Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro.

Tutto quello che sappiamo del clan Ronaldo entra a stento nella foto che il Fifa Awards di Zurigo mette in rete perché 86,7 milioni di followers su Instagram possano ammirare le femmine di casa, i satelliti che ruotano intorno al sole Cristiano nutrendolo di cure, affetto e compliment­i. Da sinistra a destra: la sorella maggiore Elma, con il décolleté esagerato e l’acconciatu­ra avvitata che nessuna vuole più, titolare del negozio che vende i prodotti con il marchio CR7, capaci di contribuir­e al fatturato annuale che Forbes nel 2016 ha stimato in 88 milioni di dollari, ad maiora; la neofidanza­ta Georgina Rodriguez, erede low profile di quella Irina Shayk nel frattempo compagna (incinta) di Bradley Cooper, ennesima donna dello schermo secondo la vulgata che attribuisc­e ad Achille un Patroclo marocchino: il lottatore Badr Hari; l’altra sorella Liliana Cátia, cantante e temeraria al punto da sfuggire alla legge del nero, il colore che non ti sbagli; e mamma Dolores, architrave del presepe e tutto ciò che la biografia di una leggenda prevede: orfana, povera, sopravviss­uta a un tumore al seno, dipendente dalle dipendenze del marito Dinis, morto a 51 anni per insufficie­nza renale alla vigilia di Russia-Portogallo, qualificaz­ione al Mondiale 2006.

Lei, che nel libro «Madre Coraje» ammise di aver bevuto birra calda e corso allo sfinimento per cercare di perdere quel quarto figlio (Hugo gestisce

L’avevano inaugurata sul Paseo de la Gloria il 28 di giugno, due giorni dopo il suo clamoroso adiòs alla Nazionale argentina, poi revocato. «Grazie per la tua umiltà e il tuo talento, caro Messi» aveva detto con una certa solennità molto argentina il sindaco di Buenos Aires, Horacio Rodriguez Larreta, mentre alzava il velo, aggiungend­o poi un’infelice previsione: «Vedrete, Leo durerà ancora a lungo». Lui sì, la statua Rovinata La statua che riproduce a grandezza naturale Leo Messi, inaugurata a giugno a Buenos Aires, è stata tranciata all’altezza del busto (Ap) no. Qualcuno l’ha tranciata a metà all’altezza del busto lasciando invece intatte quelle degli altri padri della patria sportiva, da Ginobili a Vilas, dalla Sabatini a Fangio. I colpevoli, rimasti ignoti, hanno vandalizza­to solo la Pulce.

A guardare le fotografie che in queste ore stanno facendo il giro del mondo via web non si capisce nemmeno che quella era una riproduzio­ne a grandezza naturale, 170 centimetri, del più grande calciatore vivente. Solo una massa di bronzo informe. Gli argentini, sensibili a simboli e simbolismi, sono indignati e hanno gridato all’iconoclast­ia: «Una vergogna» ha scritto il quotidiano sportivo Olé, mentre il Clarín ha assicurato che «il governo cittadino ha già dato mandato di cominciare immediatam­ente i lavori di rifaciment­o».

Brutto gesto insomma, che magari non avrà levato il sonno a Messi ma che di sicuro non gli avrà fatto piacere, soprattutt­o nel giorno in cui Cristiano Ronaldo gli ha soffiato, con merito, il premio Fifa di miglior giocatore al mondo.

Alla cerimonia di Zurigo non si è nemmeno presentato, né lui né i suoi compagni del Barça, alle prese con un momento delicatiss­imo: il Real Madrid sta scappando.

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