Dalla parte di quel bambino
Da 10 anni il 13enne Marco è al centro della guerra tra i genitori, «usato come strumento del conflitto di coppia» per i giudici minorili di Venezia. E le condizioni psicologiche del ragazzino peggiorano.
Dieci anni sono molti per un adulto, sono un tempo infinito nella vita di un bambino. Tanti ne sono passati da quando Marco, che ne ha solo 13 (il nome è di fantasia), è finito al centro della guerra tra i suoi genitori, «usato come strumento del conflitto di coppia», scrivono i giudici del Tribunale dei minori di Venezia nel decreto che a fine novembre ne ha disposto l’allontanamento dalla madre, dopo che già poteva vedere il padre solo con gli assistenti sociali. Non perché sarebbe troppo effeminato (come sostiene l’avvocato della madre appigliandosi a un infelice passaggio del dispositivo), ma perché Marco non sta bene. In una vicenda in cui l’esistenza di questo bambino è diventata campo di battaglia, è l’unica cosa su cui tutti sono d’accordo: giudici, psicologi, avvocati, famiglia. Intanto il tempo passa e le condizioni psicologiche di Marco — si legge ancora negli atti — peggiorano.
In principio di questa storia, c’è una separazione apparentemente come tante, nel Padovano: i genitori di Marco smettono di convivere nel febbraio del 2007. Marco sta con la madre, Monia Gambarotto, consulente amministrativa di 43 anni, e va a trovare il padre accompagnato dalla sorella più grande, di 11 anni, nata da una precedente relazione della donna. Presto però arriva un sospetto pesantissimo: ad agosto 2007 Gambarotto denuncia l’ex compagno, che all’epoca ha 35 anni, per molestie nei confronti della figlia. Il bimbo prosegue le visite da solo. A novembre una nuova denuncia: per abusi fisici e sessuali, questa volta nei confronti di Marco (lo avrebbe toccato impropriamente). Sia quella riguardante la figlia che quella riguardante il bambino vengono archiviate.
Nell’agosto 2008 Gambarotto denuncia ancora l’ex, portando nuovi elementi. A febbraio 2012 viene rinviato a giudizio con l’accusa di aver costretto il figlio ad atti sessuali.
Su quanto è successo non c’è ancora una verità giudiziaria definitiva: nel novembre del 2014 il Tribunale di Padova ha assolto l’uomo perché il fatto non sussiste, ritenendo che le ripetute testimonianze del bambino possano essere «state in qualche misura influenzate dal desiderio di compiacere l’interlocutore adulto di riferimento (nel caso di specie la madre) e di adeguarsi alle sue aspettative», ma il pm Emma Ferrero ha fatto appello nel gennaio successivo, convinta che i giudici abbiano sbagliato a non considerare attendibili i racconti di Marco. Il procedimento andrà avanti. La guerra tra i genitori anche.
Nelle parole degli adulti si intravede a stento il profilo di questo bambino fragile. Dagli atti emerge la sua sofferenza per le visite al padre, un bimbo che (si legge in una testimonianza di un’amica della mamma) «al rientro» è «sconvolto, piangeva, si abbracciava alla mamma, non parlava più con nessuno», i tentativi sempre più disperati di sottrarsi ai colloqui protetti presso i servizi sociali, i pomeriggi in comunità e le difficoltà crescenti a scuola. «Nell’agosto 2011 presso gli uffici del Servizio sociale veniva tirato fuori dall’auto dalla dottoressa, mentre lui si aggrappava con forza ai sedili perché non voleva vedere il padre», si legge nella memoria conclusiva presentata a luglio dall’avvocato Francesco Miraglia (legale della madre) per chiedere la sospensione degli
incontri tra Marco e il padre. È una scena che ricorda quella terribile avvenuta poco lontano da casa di Marco nel 2012, a Cittadella, quando un altro bambino conteso venne prelevato a forza dalla polizia che doveva eseguire l’ordine di allontanamento dalla madre.
L’epilogo (parziale) è triste per tutti: il decreto con cui il Tribunale di Venezia ritiene entrambi i genitori inadatti a seguire Marco nel percorso terapeutico di cui ha bisogno. Ci sono scritte parole durissime sulle condizioni del bambino. La madre, che adesso si mostra in tv (ed è pronta «a correre il rischio di renderlo riconoscibile per impedire che lo portino via») quando l’ha ricevuto l’ha fatto leggere al bambino, perché — si è giustificata — «è grande abbastanza per sapere quello che succede».
Le perizie Il ragazzino soffre di disturbi psicologici a causa dello scontro decennale tra i genitori Il decreto Per i giudici entrambi sono inadatti a seguire il figlio e dargli le cure necessarie