La politica e l’odio sui social da fermare
Paolo Gentiloni è uomo solido e garbato. E non è certo un premier «divisivo» come il suo predecessore Renzi. Eppure (lo ha denunciato il deputato pd Michele Anzaldi) è bastato che si sentisse male perché la rete si scatenasse contro di lui. C’è stato persino chi ha auspicato che «tirasse le cuoia». L’hate speech, l’incitamento all’odio, che furoreggia sui social, non è una novità dell’era contemporanea. Una parte del «popolo», qualsiasi fosse la sua nazionalità, ha sempre augurato la «morte» a chi era al potere. Ha applaudito alla gogna e ha inneggiato alla ghigliottina. In tempi più recenti ha gettato le monetine e ha chiamato «radio parolaccia» (iniziativa inaugurata dai radicali) per riversare insulti contro il governante di turno. Ma per la prima volta questi sentimenti di odio vengono avallati, incoraggiati e legittimati dalla politica. Ci sono parlamentari e ci sono leader che sul web parlano con quello stesso identico linguaggio. È questa la vera novità. Ed è questo il vero pericolo.