Corriere della Sera

Ragazzi svogliati cresciuti insieme «Se mi aiuti ti do quello che vuoi»

Uniti da sempre. Il padre di Manuel: è un buono, ora temo si uccida

- dalla nostra inviata a Pontelango­rino (Ferrara) Giusi Fasano

Il bullo e il timido. Lo sbruffone con il telefonino di ultima generazion­e e il debole con pochi euro in tasca. Nel mezzo l’amicizia asimmetric­a di sempre, con Manuel che adorava Riccardo più di quanto Riccardo adorasse lui. Al punto da uccidere per lui.

«Ti do quello che vuoi. Soldi quanti ne vuoi, se mi aiuti a fare questa cosa». E per l’amico della vita Manuel è diventato un assassino. Non soltanto perché era accanto a Riccardo mentre i suoi genitori morivano o perché ha pianificat­o tutto assieme a lui. No. È andato oltre: sarebbe stato proprio Manuel a impugnare l’ascia, lui a colpire Nunzia e Salvatore.

La ricompensa «Si è fatto lusingare dai soldi. I carabinier­i li hanno trovati in casa, un portafogli gonfio»

Suo padre non lo sospetta nemmeno mentre, alle sette di sera, davanti al cancello di casa ripete che «Manuel è un buono, che ci crediate o no. Si è fatto lusingare dai soldi ed erano davvero tanti. I carabinier­i li hanno trovati qui a casa, nascosti in un angolo. Un portafogli­o gonfio di soldi».

Quest’uomo che trema ed è sul punto di piangere ogni volta che pronuncia il nome del figlio, racconta della sua notte nera come la pece, in caserma. «Mi hanno tenuto lì ore e ore, poi alle sette del mattino mi hanno detto che Manuel aveva confessato e me l’hanno fatto incontrare un attimo, gli ho dato uno schiaffone. Era distrutto che non sembrava neanche lui, mi ha detto “papà, perdonami”».

Fa freddissim­o, in quest’angolo di mondo alle spalle del Delta del Po. Il padre di Manuel si stringe in un pullover, guarda sua moglie. «Adesso la nostra paura è che si uccida», dice. «Io nella vita ho sempre solo lavorato, ho tre figli e uno è disabile, il destino è già stato duro con noi... Quando ci siamo salutati, in caserma, gli ho detto: io ci sarò sempre, non ti abbandoner­ò mai».

L’ha visto infilare la porta e scomparire. Suo figlio, un assassino, «che cosa enorme», ripete a se stesso.

Comunque sia andata nella villetta del massacro, gli assassini in questa storia sono due, anche se davvero Riccardo non ha materialme­nte ucciso i genitori. Sono ragazzini che vivevano in simbiosi da quand’erano bambini, giura chiunque li conoscesse. Non c’era giorno che non fossero assieme da qualche parte. In piazza, a Codigoro, a Caprile, oppure in discoteca, in sella allo scooter di Riccardo o a bere un drink al bar di ritrovo della compagnia. «Si facevano spinelli su spinelli» osa raccontare qualcuno degli amici ormai ex. Una sfilza infinita di assenze a scuola, tutti e due.

Manuel un po’ introverso, modesto, Riccardo più sfrontato, sempre infilato in vestiti firmati, con soldi in tasca e fare da prepotente. Che non sopportass­e sua madre, che avesse problemi con le regole che i genitori tentavano di imporgli, non era poi un gran segreto. Gli amici più stretti, perfino i genitori del suo quasi-fratello Manuel, sapevano.

E lui non ne faceva mistero: il problema era la madre, soprattutt­o. Era il limite più grande fra lui e la sua libertà di fare tutto ciò che voleva, era il suo tormento continuo per la scuola che non andava granché bene. Era la voce dei rimproveri, dei divieti, del no alla vita facile e senza lavoro né studio che lui avrebbe voluto vivere.

Nella sua scuola, l’Istituto tecnico Iti di Codigoro, nessuno dei prof o dei bidelli lo ricorda come un ragazzo particolar­mente turbolento. Svogliato sì, senza nessun desiderio di studiare. Piuttosto sognava corse in pista con moto fiammanti e caschi alla moda. E in tutti i suoi sogni, nelle sue pretese da ragazzetto viziato, nei suoi errori, trascinava l’amico di una vita, Manuel.

Lui, Manuel, era iscritto al terzo anno del Centro di formazione profession­ale Cesta di Codigoro: corso per operatore della pesca e acquacoltu­ra. Studi pratici sulla manutenzio­ne delle barche, delle reti, sulla biologia dell’acqua. Ma frequentav­a poco e il direttore

della scuola aveva convocato più di una volta i genitori.

Suo padre era sempre più preoccupat­o per quel figlio che dalla vita voleva troppo e dava in cambio troppo poco. Voleva il patentino per la moto, per esempio. Ma senza studiare, quindi l’hanno bocciato due volte ed è finita che niente moto: «Non posso spendere altri soldi» gli aveva spiegato il capofamigl­ia. «E siccome non ti impegni non avrai lo scooter, usa la bicicletta».

Regole-base del buon padre di famiglia, sconosciut­e per lui e per l’amico fraterno che vivevano tutto questo come una continua, inutile punizione. Malgrado le tantissime assenze e proprio davanti alla preoccupaz­ione di suo padre, la direzione della scuola di Manuel aveva chiuso un occhio. Il 30 gennaio avrebbe comunque cominciato uno stage di tre mesi che forse gli avrebbe dato un lavoro, uno stipendio.

Forse. Se non avesse seguito la sua cattiva strada. Se per una volta avesse pensato più a suo padre che a Riccardo.

Dopo la confession­e «In caserma me l’hanno fatto vedere un attimo, gli ho dato uno schiaffone»

 ??  ?? I colpi Il trasferime­nto Il secondo corpo Le tracce occultate La messinscen­a Sferrati con l’ascia: sei a lei, tre al marito Il corpo dell’uomo viene portato in garage La donna viene portata verso la cucina I due si sbarazzano delle prove: l’arma e i...
I colpi Il trasferime­nto Il secondo corpo Le tracce occultate La messinscen­a Sferrati con l’ascia: sei a lei, tre al marito Il corpo dell’uomo viene portato in garage La donna viene portata verso la cucina I due si sbarazzano delle prove: l’arma e i...
 ??  ?? Insieme Il figlio della coppia uccisa, a sinistra, con l’amico che l’avrebbe aiutato nell’omicidio
Insieme Il figlio della coppia uccisa, a sinistra, con l’amico che l’avrebbe aiutato nell’omicidio

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy