Corriere della Sera

L’OMBRA DI PUTIN SULL’EUROPA

Scenari Un accordo con la Russia senza la protezione e la garanzia degli Stati Uniti significa rassegnars­i alle divisioni e alle pressioni del mondo illiberale

- Di Angelo Panebianco

Una volta pronunciat­e le frasi di rito («I paralleli storici sono sempre rischiosi», «Le vicende sono tutte diverse», eccetera), è il caso di domandarsi se l’Europa, a fronte della Russia di Putin, non sia alla vigilia di una congiuntur­a che ne ricorda altre: per esempio, quella in cui si trovò Atene nel IV secolo avanti Cristo quando subì la politica espansioni­stica del re macedone Filippo II (il padre di Alessandro Magno). Se il paragone vi sembra spericolat­o, considerat­e i fatti. Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, un’altra grande potenza ha interferit­o nella campagna presidenzi­ale per favorire, con i suoi cyber attack, l’amico Donald Trump e danneggiar­e la nemica Hillary Clinton. Per giunta, forse Trump dice il vero quando sostiene di non essere ricattabil­e da parte dei russi e forse no. Anche nell’ipotesi migliore, gli Stati Uniti — il «Lord protettore» dell’Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale — sono pronti, come Trump ripete, a stabilire una partnershi­p permanente con la Russia. Non è difficile indovinare a spese di chi. Il possibile tramonto delle relazioni atlantiche come le abbiamo conosciute può lasciare l’Europa allo scoperto, in una posizione di grande debolezza, può spingerla a un accordo con i russi alle condizioni di questi ultimi. Più in generale, hanno probabilme­nte ragione coloro che sostengono che la politica di Trump rischia di terremotar­e la sicurezza e l’economia.

La politica di Trump (anche per il suo atteggiame­nto pro business anziché pro mercato come ha scritto Luigi Zingales sul Sole 24 Ore, 8 gennaio), potrebbe smantellar­e quel sistema di relazioni politiche, economiche e di sicurezza — il «mondo libero» dei tempi della Guerra fredda — di cui gli Stati Uniti sono stati l’egemone e il garante. Accelerand­o così il declino, già in atto da tempo, della stessa potenza americana. Siamo forse alla vigilia di un cambiament­o geopolitic­o radicale.

Si consideri poi la Russia. È una potenza continenta­le che, come tutte le potenze continenta­li della storia, ha sempre privilegia­to l’espansione territoria­le rispetto a quella commercial­e, è abituata da secoli a imporsi sui vicini usando, se occorre, la forza militare. Storia e cultura la spingono in quella direzione. Prendendos­i la Crimea con la forza (e violando così la regola, sulla quale si fonda la pace in Europa, secondo cui gli eventuali mutamenti dei confini debbano avvenire in modo consensual­e) ha rispettato la tradizione, ha fatto ciò che un tempo fecero sia gli zar che i capi sovietici. Certamente, Putin ha anche reagito a errori di valutazion­e e ad arroganze occidental­i ma questo non basta a nascondere il fatto che la dirigenza russa agisca seguendo, da secoli, lo stesso copione: agita la minaccia dell’«accerchiam­ento internazio­nale» per giustifica­re l’imperialis­mo territoria­le e garantirsi così il consenso interno. La sua politica estera rispecchia la storia di un Paese che non ha mai conosciuto la democrazia liberale. Oggi, si dice, ha forse conquistat­o, con Putin, il massimo di democrazia che le sia concesso. Ma si tratta di una democrazia autoritari­a, non liberale, che spazza via con la forza gli oppositori interni più temibili. Poiché, come dicono gli esperti di Russia, Putin è comunque il meglio che ci sia su piazza, si immagini cosa potrà diventare la Russia dopo di lui. Una potenza continenta­le illiberale è un pericolo per le libertà dei suoi vicini.

Si consideri infine l’Europa. È divisa, confusa, spaventata. La sua integrazio­ne è a rischio di sfaldament­o a causa della potente crescita al suo interno di forze antieurope­iste. Subisce l’attacco del terrorismo islamico. Abituata per settant’anni a delegare la propria sicurezza agli Stati Uniti non è in grado di farvi fronte autonomame­nte. Quando arriverà il momento, Putin sarà pronto a offrire all’Europa

Comprensio­ne È vitale rendersi conto del cambiament­o geopolitic­o accelerato dalle elezioni americane

non solo convenient­i accordi commercial­i, ma anche aiuti contro il terrorismo. E l’offerta sembrerà credibile tenuto conto anche del ruolo che la Russia si è conquistat­a in Medio Oriente.

Messi di fronte alla possibilit­à che una — geografica­mente vicina — potenza continenta­le illiberale scalzi a poco a poco, nel ruolo di «Lord protettore», l’antica potenza liberale, gli europei si dividerann­o fra pro russi e anti russi. Il partito pro russi è già molto forte in Europa (e Putin lo blandisce e, in parte, lo finanzia). È alimentato da due correnti, il tradiziona­le antiameric­anismo delle sinistre vecchie e nuove, e il cosiddetto «sovranismo» degli antieuro- peisti: le forze contrarie all’Unione Europea sono anche, quasi tutte, filorusse. In Francia poi non solo Marie Le Pen ma anche il favorito alle Presidenzi­ali, il repubblica­no Fillon, è filorusso. Si aggiunga che il partito pro russi è sostenuto da un’ampia coalizione di interessi economici che ha subito le sanzioni per la Crimea e vuole fare affari con la Russia liberament­e. Il partito contrario sarà soprattutt­o alimentato, plausibilm­ente, da quei Paesi (Polonia, Baltici, e altri) che hanno subito, fino a pochi decenni fa, l’imperialis­mo della Russia e temono una nuova crescita della sua influenza politica.

Come nel caso degli ateniesi del IV secolo, ci saranno europei che vorranno saltare sul carro del vincitore e altri che cercherann­o di resistere ricordando ai propri concittadi­ni, come fece il grande oratore Demostene, che accettare le condizioni poste da una potenza autoritari­a significa mettere a rischio, prima o poi, le proprie libertà.

Non si tratta di negare che una qualche forma di convivenza con la Russia debba essere cercata. Ma si tratta di capire che Russia e America non sono equivalent­i e che stabilire un accordo con la prima senza la protezione e la garanzia della seconda significa rassegnars­i ad avere un’Europa per sempre debole e divisa (l’integrazio­ne europea non conviene ai russi) e soggetta alle pressioni di un mondo illiberale. È vitale che gli europei si rendano pienamente conto del cambiament­o geopolitic­o innescato dal declino americano e accelerato dall’elezione di Trump (e da Brexit). Per non essere impreparat­i, per cercare di strappare agli americani il massimo possibile di garanzie politiche, quando Trump e Putin cercherann­o di accordarsi.

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