Corriere della Sera

I ragazzi in carcere: nessuno vorrà più essere nostro amico

La madre: Manuel mi ha dato un bacio e l’hanno portato via

- di Andreina Baccaro e Giusi Fasano

«Nessuno ci vorrà più bene, nessuno vorrà più essere nostro amico». Insieme Riccardo e Manuel hanno portato a termine l’omicidio e insieme sono entrati nel centro di prima accoglienz­a del carcere minorile del Pratello, a Bologna. Riccardo e Manuel, il figlio delle vittime e l’amico, esecutore del duplice omicidio. Ieri i due ragazzi sono stati nuovamente sentiti dal procurator­e per i minori che oggi chiederà la convalida dell’arresto. Si dicono pentiti. Riccardo è più distaccato, Manuel, il maggiore dei due, invece è disperato. «Li volevo morti ma non potevo farlo io, erano pur sempre mamma e papà», ha detto Riccardo.

La voce è bassa, qualche parola la dice in dialetto: «Ci siamo parlati, con mio marito. E ci siamo chiesti: possiamo abbandonar­lo al suo destino? La risposta è no, non possiamo. Io sono sempre sua madre, qualunque cosa abbia fatto, e una madre non smette di voler bene a un figlio così, da un giorno all’altro».

Suo figlio è Manuel, l’assassino, parola che lei e suo marito non riescono nemmeno a pronunciar­e. «Dicono che sia stato lui a uccidere i nostri amici Salvatore e Nunzia ma io non ci credo, non posso credere che l’ascia l’ha usata lui».

La mente cerca vie d’uscita: «Magari Manuel era sotto ricatto, chissà, forse Riccardo lo ha costretto a farlo...». Ci pensa un secondo e si risponde da sola: «Che cosa cambia, poi? Mio figlio era in quella casa... Io sono anche disposta a perdonarlo ma deve pagare tutto fino in fondo. Tutto».

Nella casa di Caprile dove fino a martedì c’era anche Manuel, sua madre ha provato a rifare i letti, a mettere a posto la stanza che lui condividev­a con il fratellino disabile. «Vedo le sue cose e piango», confessa. «Ripenso all’altro giorno quando me l’hanno portato qui in manette... Io e suo padre gli abbiamo preparato la borsa per il carcere e lui piangeva senza dire una parola. Gli ho chiesto: che hai fatto? Ti rendi conto di quello che hai fatto? Mi ha dato un bacio e l’hanno portato via. Oggi (ieri ndr) mio marito è andato in carcere con l’avvocato. Gli ho chiesto di dire a Manuel che gli voglio bene, non voglio che pensi nemmeno per un istante che potremmo non volerlo più come figlio, anche se ha fatto quello che ha fatto».

Ha colpito in testa con l’accetta tre volte Salvatore e sei volte Nunzia che «non volevano morire», come ha raccontato lui stesso nell’interrogat­orio di ieri al pubblico ministero Silvia Marzocchi. Spietato, determinat­o. Voleva i soldi che l’amico gli aveva promesso, solo questo contava mentre lui infieriva con l’ascia.

«Come ha potuto fare una cosa così feroce a quei poveretti?». Si chiede oggi sua madre. «Li conoscevam­o da una vita, andavamo a pranzo da loro, lo avevano visto crescere... Secondo me non era lucido, aveva preso qualcosa, perché nessun essere umano può uccidere così a mente fredda».

Per un momento si fa strada quel pensiero: «Se ha fatto una cosa così da lucido allora poteva ammazzare anche noi» dice senza crederci la mamma di Manuel.

Quando ha saputo che suo figlio non sarebbe uscito libero dalla caserma dei carabinier­i ha pianto tutte le sue lacrime e ha pensato a quanto tempo resterà vuoto il letto di Manuel. «In camera con lui c’è il mio bambino disabile. Strano che in questi giorni non abbia chiesto del fratello — dice — sembra quasi aver capito che starà via per molto tempo. L’altra bambina, la piccola di casa, invece ha capito abbastanza. Le abbiamo detto che suo fratello è andato in collegio perché ha fatto una cosa brutta ma in television­e non si parla d’altro e allora ieri mio marito,

Secondo me ha preso qualcosa... Se ha fatto una cosa così da lucido, poteva ammazzare anche noi Le vittime

mentre mandavano in onda la notizia di Manuel e di quello che ha fatto, le ha messo le mani sulle orecchie. Non vogliamo che cresca odiando suo fratello. Abbiamo già troppe cose negative da affrontare».

La vita non è mai stata facile, a casa di Manuel, e la disabilità del secondogen­ito ha reso tutto più difficile. Il padre ha un lavoro modesto vicino a casa ma è il solo a lavorare e i soldi non bastano mai. A Manuel

«Li conoscevam­o da una vita, andavamo a pranzo da loro, lo hanno visto crescere»

toccava la paghetta settimanal­e, a volte dieci, a volte venti euro. Ma bastavano appena per una ricarica del telefonino e lui, come dice suo padre, si è fatto lusingare dai soldi del suo amico».

La madre giura che «Manuel è sempre stato uno che si lasciava trascinare nelle cose che faceva», un ragazzo «taciturno che dovevi proprio strappargl­iele le parole di bocca, per qualunque argomento».

Non dava una mano in casa, non faceva nessun lavoretto per guadagnars­i qualche euro, non assisteva il fratellino se non in rarissime occasioni, con la sorellina era affettuoso ma non se ne prendeva cura. «Stava chiuso in camera a giocare alla playstatio­n». Sua madre conferma quel che raccontano gli amici. «Se ci fosse rimasto anche quella notte...».

E invece no. «Quella notte» Manuel è andato a casa di Riccardo e, come avevano progettato lui e l’amico di sempre, ha ammazzato Salvatore e Nunzia. La mamma ci pensa e piange: «Assieme a loro ha ucciso anche se stesso e noi, la nostra vita, il nostro futuro».

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