Corriere della Sera

Guidi: la politica? Ho chiuso

Guidi dopo l’archiviazi­one di Tempa Rossa: ora penso a mio figlio

- Di Monica Guerzoni

ROMA Le luci della ribalta l’hanno prima esaltata, poi sfregiata politicame­nte e nel profondo. E adesso che potrebbe uscirne a testa alta, festeggian­do la richiesta di archiviazi­one dell’inchiesta Tempa Rossa e rivendican­do pubblicame­nte «buona fede e correttezz­a al servizio del Paese», Federica Guidi si tiene alla larga da registrato­ri e telecamere: «Sono stata fatta a pezzi e costretta alle dimissioni — si sfoga in privato —. E per cosa? Non c’era nulla in quella intercetta­zione. Non ero nemmeno indagata. E infatti, è finito tutto in una bolla di sapone».

Nel passaggio dalla Procura di Potenza alla Procura di Roma lo scandalo giudiziari­o e mediatico su petrolio lucano, corruzione e traffico di influenze illecite, si è sciolto come

il ghiaccio di questi giorni gelidi. L’impianto accusatori­o del caso che la scorsa primavera fece tremare il governo Renzi non ha retto e il pm Roberto Felici ne ha chiesto l’archiviazi­one. Dunque niente reati, nessuna associazio­ne a delinquere, anche se l’allora compagno della ministra, Gianluca Gemelli, è dipinto nelle carte romane come un «soggetto intraprend­ente, interessat­o alle opportunit­à derivanti da Tempa Rossa». Un tipo apparso ai giudici spregiudic­ato e millantato­re, che però, «al di là di censurabil­i atteggiame­nti, non emerge abbia mai richiesto compensi per interagire con esponenti del governo». E allora? La telefonata incriminat­a tra Guidi e Gemelli, l’emendament­o alla legge di Stabilità che la ministra si impegnava a far approvare per sbloccare un impianto nel potentino, il nome della Boschi che spuntava nell’intercetta­zione? Niente di penalmente rilevante. E ora che è tutto finito, Federica non brinda. L’amarezza prevale sul sollievo: «Ho sofferto troppo. E adesso che mi sono ripresa la mia vita, mi interessan­o solo mio figlio, la famiglia e l’azienda. È stata dura, non voglio parlare di questa esperienza incredibil­e, non voglio saperne più nulla e non leggerò una riga che parli di me».

Per tranquilli­zzare gli amici l’imprenditr­ice nata a Modena nel 1969 si dice «felice di aver riconquist­ato l’anonimato». E a chi le suggerisce di parlare per recuperare immagine e dignità, risponde che non ha motivo «di essere riabilitat­a». Con la politica ha chiuso. E per quanto il «doppiopesi­smo» del Pd a suo tempo le fece male, non intende accendere polemiche: «È stata una cosa brutale, ma è andata».

L’imperativo è difendersi, proteggere il piccolo Gianguido. Tutelare la Ducati Energia, dove è tornata a lavorare al fianco del padre Guidalbert­o, per tanti anni vicepresid­ente di Confindust­ria. La chiamano in tanti, le porgono compliment­i che non sembra gradire: «Faccio soprattutt­o la mamma. Sono serena, ma non so se questa ferita potrà mai rimarginar­si. Non nego che a livello umano le conseguenz­e sono state profonde e nemmeno una bella notizia come l’archiviazi­one può farmi piacere». Per questo evita con cura di incrociare il suo nome stampato sui giornali: «Quando si parla di me non li apro. Ho sviluppato una sorta di ipersensib­ilità per quella vicenda, una tale idiosincra­sia che non mi interessa nemmeno chiuderla. Servirà ancora tempo, perché tutto questo possa decantare». Il suono di quelle due parole, Tempa Rossa, è un ciak che aziona nella sua testa il film di quei giorni. La bufera politica. Le opposizion­i che attaccano. Il M5S che presenta la mozione di sfiducia. La maggioranz­a e il Pd che le gettano addosso una coperta di sospetti e silenzio, rimprovera­ndole sottotracc­ia di non aver rivelato di che pasta fosse fatto l’uomo che, nei giorni della bufera, disse di considerar­e «a tutti gli effetti mio marito».

Il 31 marzo Matteo Renzi, in missione negli Usa, fa trapelare attraverso i collaborat­ori il suo stato d’animo: «Guidi è indifendib­ile, ha commesso un errore e si deve dimettere. I tempi sono cambiati. Chi sbaglia, va a casa». Scaricata dal premier Federica lascia la poltrona su cui si era seduta il 22 febbraio 2014, inseguita dalle accuse di conflitto di interessi. L’addio, in una lettera al Corriere, è amaro: «La mia è anche una scelta umana, che mi costa, ma che ritengo doverosa per i principi che hanno ispirato sempre la mia vita».

«È stato brutale» Ho sofferto troppo Adesso sono serena ma non so se questa ferita potrà mai rimarginar­si

 ??  ?? Chi è Federica Guidi, 47 anni, nata a Modena, è stata ministro dello Sviluppo economico del governo Renzi dal 22 febbraio 2014 al 5 aprile 2016
Chi è Federica Guidi, 47 anni, nata a Modena, è stata ministro dello Sviluppo economico del governo Renzi dal 22 febbraio 2014 al 5 aprile 2016

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