Corriere della Sera

Il blitz delle milizie a Tripoli

«Presi tre ministeri: è golpe», poi la smentita. Tensioni per il sostegno russo ad Haftar e la riapertura dell’ambasciata italiana

- Lorenzo Cremonesi

Non è stato un golpe, ma ieri Tripoli è tornata a vivere ore di forte tensione che riflette la profonda e violenta destabiliz­zazione dominante in gran parte della Libia. Nel primo pomeriggio si era diffusa la voce che milizie e gruppi armati legati all’ex premier Khalifa Ghwell si fossero impadronit­i di almeno tre ministeri e pattuglias­sero il centro città con l’intento di defenestra­re il governo di unità nazionale guidato da Fayez Serraj.

L’emittente televisiva Al Arabya degli Emirati Arabi Uniti aveva specificat­o che erano stati occupati il dicastero della Difesa, quello delle Finanze e quello dei «Martiri e dei feriti» nella rivoluzion­e del 2011.

Non è la prima volta che Ghwell, leader legato al fronte dei Fratelli Musulmani costretto a lasciare la capitale dopo l’arrivo di Serraj alla fine dello scorso marzo, minaccia di riprendere le redini del potere con la forza.

In suo sostegno si schiera una pletora di milizie che fanno capo ad alcune particolar­mente rilevanti nella regione di Misurata. Contro di lui il premier in carica ha poco da contrappor­re, se non alcune milizie minori nella capitale come per esempio quella di Abdel Rauf Kara che controlla l’aeroporto di Mitiga, e la legittimit­à che gli deriva dal sostegno delle Nazioni Unite e una parte dei Paesi europei, con l’Italia in testa.

Ieri per un attimo è apparso dunque possibile che Ghwell potesse avere la meglio. I media di Bengasi riportavan­o addirittur­a che Paolo Serra, il generale italiano che funge da consiglier­e militare di Serraj, fosse stato costretto a cercare riparo dall’arrivo delle milizie islamiche.

In prima serata sono però giunte le smentite: niente colpo di Stato e invece calma relativa in tutto il centro urbano. «Non ci sono affatto scontri per le strade, come segnalano invece alcuni media arabi. Non vengono registrate vittime. I negozi sono aperti, il traffico è normale. La situazione è sotto controllo. Piccoli gruppi di miliziani legati a Ghwell hanno fatto capolino nella zona del ministero della Difesa, che però è vuoto da mesi.

Anche in quello dei Martiri sono solo apparsi di fronte alle porte senza entrare. Hanno fatto irruzione soltanto in quello delle Finanze, ma ne sono usciti quasi subito», sostengono i media locali.

Una netta smentita arriva anche dal nuovo ambasciato­re italiano appena giunto nella sede di Tripoli, Giuseppe Perrone, il quale specifica che il «governo Serraj lavora normalment­e», anche se conferma la presenza di alcuni gruppi di uomini armati in movimento per le strade.

La spiegazion­e più diffusa tra gli osservator­i in Libia è che si tratti sempliceme­nte del ripercuote­rsi sulla capitale

delle forti tensioni politiche che scuotono il Paese. La riapertura dell’ambasciata italiana assieme alle pressioni europee per giungere al controllo delle frontiere e dei flussi di migranti, mischiate al crescente sostegno russo al generale Khalifa Haftar diventato l’uomo forte della Cirenaica, costituisc­ono elementi di potenziale attrito.

Le milizie di Zintan, alleate di Haftar, minacciano addirittur­a di attaccare gli impianti Eni del terminale di Mellitah se l’Italia dovesse continuare a sostenere Serraj. A Tripoli si parla di un eventuale prossimo incontro al Cairo tra Haftar e Serraj mediato da Putin. Non è strano che Ghwell cerchi di mettere i bastoni tra le ruote. Un accordo tra i due lo porrebbe per sempre fuori gioco.

Lo scenario Ieri per un attimo è apparso possibile che Ghwell potesse avere la meglio L’instabilit­à Le milizie di Zintan minacciano addirittur­a di attaccare gli impianti Eni di Mellitah

 ??  ?? Riaperta Forze di sicurezza libiche intorno all’ambasciata italiana a Tripoli ritornata in attività dopo la chiusura nel febbraio 2015 in seguito all’attacco delle milizie
Riaperta Forze di sicurezza libiche intorno all’ambasciata italiana a Tripoli ritornata in attività dopo la chiusura nel febbraio 2015 in seguito all’attacco delle milizie

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