«Sono pronto ad accoglierli Sbagliato tenerli in carcere»
Un prete arrabbiato, don Antonio Mazzi: «Adesso sbattiamo i mostri in prima pagina. Ma il problema vero è che non si fa abbastanza per affrontare le nuove sfide dell’adolescenza e che la scuola e le famiglie non sono preparate in modo adeguato». Lo dice uno che da quarant’anni si occupa di disagio giovanile, che nelle sue comunità ha ospitato e seguito anche casi limite: Erika, che con il fidanzatino Omar aveva ucciso a Novi Ligure la mamma e il fratellino, e Milena, che insieme a due amiche aveva assassinato suor Maria Laura a Chiavenna. La prima reazione è quella di spalancare le porte: «Sono pronto ad accogliere questi due giovani. Devono scontare la pena e rendersi conto di quello che hanno fatto. Ma mandarli in carcere sarebbe un errore, perché significherebbe perderli. Invece,come dimostrano Erika e Milena, un percorso in una comunità dove ci sono educatori preparati li può aiutare a prendere coscienza di quanto hanno fatto e, dopo gli anni fissati dalle sentenze, a riprendere una vita autonoma di lavoro e relazioni». Don Mazzi cerca di andare alla radice: «Oggi lo sviluppo fisico, non mentale, è molto precoce e molti giovani attraversano un periodo in cui non riescono a controllare il loro corpo e agiscono seguendo l’istinto. In questa fase dominano le reazioni estreme: il bullismo, o la ribellione incontrollata verso le autorità». Che fare? «Io ripartirei dalle scuole medie. Servono modalità più moderne di approccio allo studio, più ore di sport e musica. Usare le punizioni significa non aver capito il problema». Lui fa (anche) così: li mette in bici a macinare chilometri e fatica. «Quando tornano sono più maturi e disponibili all’ascolto». Fondatore Don Antonio Mazzi, 87 anni