«Violenza figlia di diseducazione sentimentale»
Francesca Garbarino, criminologa: oltre l’80% di chi colpisce ha subito prima in famiglia
emozioni, e quindi con quelle nei confronti dell’altro. E' una carenza che guida la rabbia e distorce la realtà. Perseguitano l’ex o arrivano a gettarle l’acido, perché vivono paradossalmente lei come violenta e la chiusura del rapporto come un’ingiustizia che non vogliono subire».
Lei dice che la violenza è espressione di fragilità?
«In ognuno di noi possono coesistere sentimenti opposti e ambivalenti. Una discreta educazione ai sentimenti ci aiuta a tenerli in equilibrio. Al contrario, una “discreta diseducazione”, porta a livelli di angoscia e senso di umiliazione che si sopportano con l’illusione di sentirsi più forti. Così dai mille sms, dalla svalutazione della partner a parole, si passa agli eccessi di controllo e al rischio dell’atto violento. O all’atto stesso».
Come avviene la «rieducazione sentimentale»?
«Introducendo la parola e favorendo, mediante il confronto con gli altri, il pensiero e la dimensione critica. Persone che non riescono a vedere i propri errori vedono, invece, nel “gruppo di parola”, quelli degli altri. E gradualmente riescono a ridurre le distorsioni cognitive, le dissonanze affettive, e a vedere la realtà in modo obiettivo. A esempio riescono a elaborare la dipendenza dall’altra, attuale compagna o ex, come desiderio e non bisogno. Il fatto che acquisiscano buon controllo di sé è garanzia dell’arresto della violenza. La legge 119 del 2013 all’artico 3 prevede che il questore in fase di ammonimento indichi all’uomo, anche se non ancora indagato, di rivolgersi ai servizi di aiuto ai violenti. L’accesso al trattamento è possibile anche quando si dà una misura cautelare come l’allontanamento. Forse a Rimini non è stato fatto».
Serve una educazione all’espressione delle emozioni e all’entrata in contatto con le parti fragili di sé Si fa poco in famiglia e nulla a scuola