Silvia e Giulia, amiche tra i gorilla
Due universitarie nella foresta Centrafricana per abituare gli animali alla presenza dell’uomo «Emozioni incredibili tra pigmei e scorpioni»
Sei mesi nella foresta, a metà tra Indiana Jones e Dian Fossey, lavandosi sotto le cascate di Bai Hokou o dentro il fiume di Mongambe. Senza luce, senza gas. E se proprio bisogna cucinare qualcosa, c’è solo il fuoco a legna. Accesso a Internet due volte la settimana, telefonate ogni quindici giorni (ma solo se il satellitare funziona). Un’avventura fantastica per Giulia e Silvia, universitarie con il pallino della ricerca sul campo. Perché al netto delle disavventure (e ci sono state), niente come guardare negli occhi un gorilla ti insegna davvero a conoscerlo. È per questo che entrambe hanno messo mano ai loro risparmi e sono partite per la Repubblica Centrafricana, nella Riserva di Dzanga Sangha, dove è in corso da anni il progetto del Wwf di «abituazione» dei gorilla, per «allenarli» alla presenza degli umani in modo da favorire l’ecoturismo (soltanto nel Parco nazionale di Virunga, in Congo, l’indotto è di 450 mila dollari l’anno per ogni gorilla «abituato», cioè effettivamente osservato dai turisti).
«Io e Silvia ci siamo conosciute a un congresso di primatologia, dove abbiamo incontrato l’etologa Shelly Masi che lavora al Museo di Storia naturale di Parigi, e le abbiamo chiesto di partecipare a un suo progetto a lungo termine nella Repubblica Centrafricana. Sapevamo che lì il Wwf aveva lanciato una campagna contro il bracconaggio, dunque ci è venuto spontaneo prendere contatti anche con loro per aggiornarli sulla nostra Ricercatrici In alto, Silvia Miglietta, 26 anni, con un gorilla durante la sua permanenza nella Repubblica centrafricana. Sopra, Silvia è con Giulia Bardino a bordo del piccolo aereo che le ha portate nella Riserva del Wwf esperienza», spiega la più giovane delle due amiche, Giulia Bardino, 24 anni di Ostia, che sta per concludere la triennale in Scienze biologiche alla Sapienza. Silvia Miglietta, invece, ha 26 anni ed è di Taranto: ora è alle prese con la tesi per la magistrale in Ecobiologia, sempre a Roma. In Africa sono state da maggio a novembre, si stanno preparando per pubblicare i risultati delle loro indagini sui gorilla.
«Siamo partite con due valigie da 23 chili, in una c’erano soltanto cose da mangiare tipo Nutella, snack, parmigiano, frutta secca, pomodorini o funghi secchi», racconta ridendo Giulia. Dopo il primo mese trascorso accanto a Shelly per imparare ad avvicinare gli animali nel modo giusto, le due ragazze si sono divise tra i campi di Bai Hokou e Mongambe, sempre a stretto contatto con i pigmei Bayaka: per stare con loro avevano imparato il sango, la lingua locale. Momenti critici ce ne sono stati tanti. Come quando Giulia si è ritrovata un serpente nel letto, o quando è uscita dal suo bungalow per andare in bagno e fuori ad aspettarla c’era un elefante tutt’altro che amichevole, o quando si è dovuta arrendere a condividere la stanza con scorpioni e ragni (per la verità molto abitudinari, gli ultimi stavano sempre nello stesso punto). Altri momenti sono stati di autentico spasso. Di questi fanno parte le serate trascorse a guardare i cartoni animati assieme ai Bayaka, che scoppiavano a ridere se un gorilla parlava con Tarzan o se Mowgli, nel Libro della giungla, raccoglieva il miele nella foresta esattamente come fanno loro.
I ricordi più toccanti, però, sono quelli legati ai primati. «Il mio più bello è quando Tembo, un giovane maschio, si è avvicinato a due metri da me e ha cominciato a spezzare ramoscelli e muovere le foglie per giocare. Ero molto emozionata, ma anche spaventata, perché i gorilla non ci devono toccare, rischiamo di trasmettere infezioni alle quali non sono preparati», ammette Giulia. Mentre Silvia non potrà mai scordare il giorno in cui i bracconieri hanno ucciso Sosa: «Soltanto ventiquattr’ore prima lo avevo seguito per la mia ricerca. Era il mio preferito, molto socievole, gli uomini non lo spaventavano».
@elvira_serra