Corriere della Sera

«Io, americana, scelgo i vostri vini migliori Ecco su quali scommetter­ò quest’anno»

Parla Monica Larner, che per «Wine Advocate» dà i voti alle bottiglie italiane

- Luciano Ferraro

N el suo ufficio pieno di casse di vino a poca distanza dal Colosseo, stappa 3.000 bottiglie l’anno. Per ogni vino una scheda e un punteggio in centesimi. Monica Larner è arrivata da Hollywood a Roma nel 1981, a 11 anni, assieme al padre Stevan, regista («Radici», «Uccelli di rovo», «Visitors»). Sul balcone di Piazza Venezia a Roma, Stevan girò le scene di Mussolini per il telefilm «Venti di guerra». Lo spirito di Ernest Hemingway, soldato in Italia e gran bevitore di Valpolicel­la,

contagiò la famiglia, portando prima i genitori e più tardi i figli sulle strade del vino. Dopo la laurea in giornalism­o a Boston e New York, Monica è tornata in Europa, è diventata sommelier e ha recensito 16 mila vini. A Natale era a Santa Barbara, California, nel ranch di famiglia (60 ettari) acquistato dai genitori per produrre vino. Ora alla guida c’è il fratello Michael. Dal 2013 è la responsabi­le per l’Italia di Wine Advocate, il gruppo del guru della critica enologica, Robert Parker. La proposta di assunzione gli è arrivata via mail: «Si prega richiamare». «La presi per uno scherzo e non risposi per giorni - racconta Monica - poi mi decisi e scoprii che, con la tenacia di agenti della Cia, avevano indagato su di me, sui miei articoli e sull’assenza di conflitti di interesse». Così è diventata la donna che può cambiare il destino di un’azienda. Un suo 100/100 assegnato a un vino scatena una tsunami commercial­e, un’onda che parte dagli Stati Uniti ed è in grado di sommergere di ordini una piccola cantina. È successo così a Montalcino, nel 2015 con il Brunello Tenuta Nuova 2010 di Casanova di Neri ed il Brunello Madonna delle Grazie 2010 del Marroneto.

Nel 2017 su quali zone punterai?

«Mi occuperò in modo democratic­o di Nord, Centro e Sud. Per la Basilicata ho un particolar­e amore, il Vulture e il suo Aglianico mi affascinan­o. Punto sul Nerello Mascalese dell’Etna, dove vado spesso. Può conquistar­e nuove frontiere. Continuerò a girare in Piemonte, Veneto e Toscana, dove ci sono denominazi­oni che offrono qualità incredibil­e. Sono interessat­a ai grandi cambiament­i del Fiano, un vitigno capace di longevità. Mi occuperò di Sangiovese toscano, Brunello e oltre: ora più che mai riesce ad esprimersi nelle differenti microzone. Sono colpita dall’evoluzione del Chianti Classico. A Nordest mi aspetto risultati interessan­ti per Friulano, Malvasia, Sauvignon e Pinot bianco».

Quali novità ti aspetti dalle aziende italiane?

«Sono curiosa di vedere come le grandi affrontera­nno il cambiament­o generazion­ale: Antinori, Tenuta San Guido e le altre. I figli degli attuali patron hanno viaggiato, parlano le lingue, hanno frequentat­o scuole enologiche. Sarà interessan­te vedere se ci saranno cambiament­i stilistici».

Hai appena scritto un lungo articolo sulle cantine italiane comprate da stranieri. Le vendite continuera­nno?

«Credo di sì. Il mercato è fluido in tutto il mondo. Produrre vino non costa molto. Ma per venderlo, ora bisogna spendere di più. Bisogna viaggiare. Investire in biglietti aerei, hotel e ristoranti. Avere a che fare con il cambio monetario. Per le aziende piccole è sempre più impegnativ­o. Quelle più grandi sono più agili e più pronte: sono favorite. Un fenomeno che nel 2016 ha avuto una forte accelerazi­one».

Ci sono affari in vista?

«Già si parla di altre acquisizio­ni. In Piemonte e Toscana, ma soprattutt­o in Piemonte. C’è una fortissima tradizione in Italia che prevede la trasmissio­ne delle aziende da padre in figlio. Ma nel 2016 c’è stata una rottura violenta di questo schema con la vendita di Vietti (Barolo). Il ghiaccio è stato rotto. C’è stato un contraccol­po affettivo, perché sono state colpite famiglie storiche. Spiace che i custodi della terra perdano le loro proprietà. Perché il senso di magia del vino è sempre collegato a chi lo ha creato».

Ma l’arrivo degli stranieri nelle cantine italiane è positivo e negativo?

«Rappresent­o un ponte tra gli Stati Uniti e l’Italia, il mio Paese crede che sia positivo l’aumento delle esportazio­ni dall’Italia. Certo, il vostro è un Paese unico per il vino: tante denominazi­oni, un enorme patrimonio genetico, un senso di tipicità territoria­le forte. Se chiedi a un giovane quando potare le viti lo sa: ogni famiglia ha qualcuno in famiglia che si è occupato di vino. Ma qualcosa è cambiato: ora le cantine di Langhe, Montalcino e Bolgheri sono blue chip per gli stranieri».

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I punteggi Un suo 100/100, assegnato a una bottiglia, scatena uno tsunami commercial­e I vitigni del momento «Aglianico, Fiano, Sangiovese, Nerello Mascalese e i bianchi del Friuli»

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