Affleck: tra crisi e violenze l’era dei gangster non è finita
«Nel mio film ho voluto Remo Girone, un boss straordinario»
«Rompere le regole non significa nulla. Devi essere abbastanza forte per imporre le tue». Benvenuti, anzi bentornati, nel clima dei gangster movie che hanno segnato un’epoca del cinema Usa, da Scarface ai tanti «bravi ragazzi» di Martin Scorsese. Ci ha pensato Ben Affleck, con la complicità dello scrittore Dennis Lehade — di cui aveva portato sullo schermo Gone baby gone, suo debutto alla regia — e di Leonardo DiCaprio in veste di co-produttore con La legge della notte (lo porta in Italia dal 23 febbraio Warner) a rinverdire il genere e i suoi ingredienti — malavitosi italiani e irlandesi, distillerie clandestine, donne fatali, inseguimenti, sparatorie — con un film ambientato in pieno proibizionismo che ha prodotto, diretto e interpretato.
È la parabola di Joe Coughlin, reduce disilluso della prima guerra mondiale («Sono partito soldato, sono tornato fuorilegge»), figlio del capo della polizia di Boston che sceglie di stare dalla parte dei fuorilegge e, all’ombra di un boss della mafia italiana, Maso Pescatore (Remo Girone), costruisce un piccolo impero criminale tra Tampa e Cuba. Rompendo le regole, appunto, e imponendo le proprie. Un
po’ come lo stesso Affleck che con l’amico Matt Damon si sottrasse anni fa al destino dorato di golden boy di Hollywood con l’Oscar come sceneggiatore di Genio ribelle imponendosi anche come regista e produttore. Senza abbandonare la maschera di Batman che è pronto a indossare nuovamente («Certo, e ne sono felice»).
Un omaggio al genere («Lo amo fin da quando sono bambino») ma anche, spiega Affleck, un film molto attuale. «Ci sono tanti aspetti in comune con i nostri tempi. Crisi economica
e finanziaria, conflitti sociali, incertezza, paure e violenze. L’evoluzione allora fu il New Deal di Roosevelt, un’era di progresso. Ora il clima è diverso». Non poteva immaginare, da iscritto al Partito Democratico, che l’uscita in Usa, oggi dopo la prima londinese, avrebbe coinciso con l’inizio della presidenza Trump. «I prossimi quattro anni saranno interessanti» prova a scherzare. «Non credo che Trump potrà cambiare la natura del nostro Paese, gli immigrati continueranno ad arrivare e fare la differenza», dice l’attore, orgogliosamente meticcio, che viene da una famiglia di origini inglesi, irlandesi, tedesche, svizzere. «Sono felice di vivere in un paese che è nato dall’immigrazione e costruito proprio, con grandi sofferenze, sulle differenze culturali e etniche. Irlandesi, italiani, ispanici».
Per il ruolo del mafioso italiano ha voluto Remo Girone. «Ho visto il suo Tano Cariddi de La Piovra, è un grandissimo attore. So che da voi è popolarissimo ma mi piaceva l’idea che fosse sconosciuto al pubblico americano in modo da risultare più credibile come cattivo. Lo stesso ho fatto con il suo rivale, il capo della mafia irlandese, Albert White, interpretato da Robert Glenister,
Immigrati «Sono fiero di un Paese nato dall’immigrazione, Trump non potrà cambiare la Storia»
un volto nuovo da noi».
Popolarissime, invece, le tre attrici del cast: Sienna Miller, Zoe Saldana e Elle Fanning. «Tutte di grande talento, come regista amo lasciare spazio agli interpreti». A proposito di talento, l’ultimo pensiero è per il fratello Casey che sta facendo il pieno di premi e candidature con Manchester by the sea. «Si merita tutto, è davvero bravo. E bravo Matt Damon che lo ha prodotto. Faccio il tifo per loro».