Corriere della Sera

Perché la pasta trionfa. Anche sui futuristi

Marinetti la attaccava ma ne andava ghiotto. E i dietologi ne rivalutano le qualità

- di Luca Mastranton­io Frenda

Un secolo fa Filippo Tommaso Marinetti lanciò una battaglia feroce contro la pasta, che però amava segretamen­te, come dimostra una foto del 1930 che lo ritrae al ristorante Biffi. Le accuse erano le stesse che vengono mosse, ciclicamen­te, a questo alimento che oggi i nutrizioni­sti consiglian­o di non escludere dalla dieta. Ecco l’album di famiglia della pasta, dai frati «maccheroni­ci» agli spaghetti western.

Non c’è cibo più complesso (e ricercato) del pane. Ma non è moda passeggera di adesso. Se vogliamo risale ad Atene, dove secondo Archestrat­o di Gela quello migliore si vendeva nell’Agorà: «Sì bianco che l’eterea neve vince in candor». Un alimento considerat­o ancestrale e, dunque, emblematic­o. C’era un pane per il papa, uno per il re e uno per il popolo. Ecco perché non dobbiamo stupirci se oggi intorno a lui è nato un culto che ha creato veri e propri mostri sacri. E relative orde di fan. Che poi non sono altro che la versione 3.0 dei nostri nonni e dei nostri genitori spesso fedeli all’acquisto della pagnotta di Altamura o di Matera durante i viaggi. O le scampagnat­e. Uno sfizio, ai tempi. Ma adesso fare il pane, così come comprarlo, è roba serissima. Per gli appassiona­ti del genere «panettiere per un giorno» si parte dallo starter (il lievitino da accudire in casa), per poi passare alla scelta delle farine (pregiate, antiche, innovative .... ) e delle tecniche. Ci si affida a libri mitici come quello di Jim Lahey, 48 anni, panettiere americano cha ha conquistat­o i newyorches­i con la sua Sullivan street Bakery. A quello (per panificato­ri hipster) di Chad Robertson (Tartine, a San Francisco). O al sito per bread obsessive «The perfect loaf». Tutti accomunati da un unico obiettivo: la ricerca della perfezione. Come la baguette di Zachary Golper (Bien Cuit, a Brooklyn): un gioiellino. In Italia, invece, ci sono Carlo Eugenio Fiorani, dell’Azienda Agricola Cremona, o Massimo Grazioli, che fa ancora il pan tranvai (nel dopoguerra lo si vendeva alla fermata del tram). E il bolognese Pasquale Polito del Forno Brisa, geografo laureato a Pollenzo che produce, tra le altre cose, il pane delle Marche con le noci; Davide Longoni (speciale la pagnotta con farina di Tumminia, cereale antico); o «l’eremita» Eugenio Pol, per molti il Messia del pane. Nel suo laboratori­o a Fobello (Valsesia) inizia a lavorare alle due di notte e usa una pasta madre con il 50 per cento di monococco, e poi Senatore Cappeli e Gentil Rosso. Il suo motto: «Una follia fare il pane tutti i giorni. Quello buono dura due settimane». Roba da ricordare a molti panifici milanesi e non. Per ricette che funzionano davvero provate anche il sito di Manuela Conti, Con le Mani in pasta, panificatr­ice coi fiocchi e blogger. Se poi siete alla ricerca di un pane speciale, curiosate sul Nyt e provate il Nordic Whole-Grain Rye Bread, della food writer Julia Moskin. Perfetto per i sandwich. D’autore.

@angelafren­da

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