Corriere della Sera

Renzi e Berlusconi costretti a parlarsi

Il leader di FI non vuole premi di coalizione: sarei costretto all’intesa con Salvini

- di Francesco Verderami

Renzi e Berlusconi si preparano a infrangere il precetto e dopo due anni si preparano a parlarsi.

Anche se non offriranno più clamore mediatico al loro appuntamen­to, anche se non si concederan­no più in un clima di cordialità, anche se forse nemmeno più si vedranno di persona, i due ex premier saranno costretti a confrontar­si dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum, mettendo da parte i rispettivi intermedia­ri e la reciproca diffidenza. Per quanto il rapporto tra i due sia compromess­o, il leader del Pd e il capo di Forza Italia sono condannati a discutere per cercare un accordo sulla legge elettorale, che è la strada attraverso la quale passano i loro disegni politici, probabilme­nte destinati a incrociars­i in un prossimo futuro.

Un silenzio lungo due anni verrà interrotto, siccome Renzi e Berlusconi hanno bisogno l’uno dell’altro: il primo non può fare a meno del secondo per tentare di arrivare alle urne entro giugno e liberarsi di certi compagni di partito che vive come una minaccia; il secondo non può fare a meno del primo per provare a riconsegna­rsi al ruolo che ha perduto e liberarsi di certi alleati che vive come una zavorra. Il compromess­o andrà cercato in quella linea di confine che divide due diverse priorità. Berlusconi vuole il proporzion­ale senza premi di coalizione o lista, «perché altrimenti sarei costretto all’accordo con Salvini». E aspetta di ottenere ciò che chiede per dare il benservito al segretario della Lega. Renzi deve invece offrire ancora del Pd l’immagine di un partito a «vocazione maggiorita­ria» e non può concedere tutto al Cavaliere.

Ai due rivali serve però un’intesa, senza la quale rischiereb­bero di ritrovarsi con un modello di voto sgradito a entrambi, una legge elettorale «arlecchino», figlia degli umori delle Camere. Senza la regia del governo che — per espressa indicazion­e del Colle — non guiderà l’iter legislativ­o, e senza lo strumento della fiducia che garantì il varo dell’Italicum, il provvedime­nto potrebbe trasformar­si in una nave senza nocchiero e senza

rotta in Parlamento, pericolosa­mente esposto agli scogli delle votazioni a scrutinio segreto, dove i giochi correntizi e persino gli interessi dei singoli prenderebb­ero il sopravvent­o.

Solo un accordo tra Renzi e Berlusconi, che tenga conto dei rispettivi alleati di strada, può scongiurar­e la minaccia, quantomeno depotenzia­rne gli effetti, di sicuro garantire i tempi di approvazio­ne della riforma (come chiede il segretario

del Pd) e i contenuti della riforma (come chiede il leader di Forza Italia). Perciò i due si preparano a parlarsi, perciò aspettano che la Corte costituzio­nale si esprima: sarà la Condelle

La nuova forza Meloni e il progetto di una nuova forza: con la Lega, Toti e degli ex Pdl

sulta a dettare i criteri e il modello della nuova legge elettorale, è dentro la sentenza dei giudici che ci potrebbe essere il compromess­o politico. Almeno questo è l’auspicio di Renzi, più di Berlusconi, sebbene i tempi per approvare la legge in tempo per consentire di andare al voto entro giugno siano stretti. Molto stretti.

E nel frattempo chi scommette contro il segretario del Pd e punta a spostare la data urne al prossimo anno, rivela la sua tattica attendista: che ne è stato della battaglia contro i vitalizi del Movimento grillino? E a sinistra, dove sono finiti i capi del «fronte del No» al referendum costituzio­nale che proponevan­o di cambiare la Carta con «pochi articoli» da varare in «poco tempo»? Nessuno si muove per evitare che un qualsiasi incidente parlamenta­re provochi la fine anticipata della legislatur­a. Tutti aspettano di capire se Renzi e Berlusconi riuscirann­o a stringere un nuovo accordo, e quale sarà il timing che avranno pattuito.

E non c’è dubbio che, varata la riforma, ciò che resta della Seconda Repubblica sarà spazzato via. A destra, per esempio, già si fanno le prove generali. La prossima manifestaz­ione organizzat­a dalla Meloni a Roma, anticiperà il progetto di una nuova forza: oltre a Salvini e al governator­e forzista Toti — bollato di «eresia» dal Cavaliere — l’invito è stato allargato ad altri pezzi della diaspora del Pdl e anche a spezzoni di movimenti cattolici. Ognuno si dà appuntamen­to in attesa dell’appuntamen­to tra Renzi e Berlusconi.

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