Corriere della Sera

«La nuova bocciatura? L’economia non c’entra I motivi sono politici, colpa dell’instabilit­à»

Il sottosegre­tario Morando: il Pil del Paese salirà dell’1%

- Mario Sensini

«Non mi pare che la situazione economica italiana, che è in migliorame­nto, anche se leggerissi­mo, giustifich­i un declassame­nto del debito. Le agenzie di rating di solito guardano ai fondamenta­li economici. Ma se il rating deve riflettere anche la prospettiv­a politica di medio termine è difficile negare che dopo il no al referendum ed essendo arrivati all’ultimo anno della legislatur­a ci siano dei rischi. O quanto meno una grande incertezza». Enrico Morando, sottosegre­tario all’Economia, uomo che ha attraversa­to gran parte della storia della sinistra italiana e oggi del Pd, non gira troppo intorno al problema. Il declassame­nto dell’agenzia Dbrs, che ha tolto all’Italia l’ultima “A” sul merito di credito della Repubblica, è frutto della sconfitta referendar­ia. E riflette «l’incognita Grillo».

«La possibilit­à di crescere nel 2017 dell’1%, che non è molto, è comunque più concreta oggi rispetto a solo pochi mesi fa. I dati sulla produzione industrial­e diffusi in queste ore segnalano una crescita abbastanza significat­iva in quasi tutti i comparti produttivi. Anche l’inflazione si muove. L’occupazion­e cresce più di quanto sarebbe lecito aspettarsi in questo contesto. Il che è positivo, ma ci dice anche che la produttivi­tà continua a soffrire, che gli investimen­ti sono ancora insufficie­nti, e che le riforme struttural­i dovranno dunque proseguire».

Dbrs sostiene che dopo il no al referendum il governo non abbia più la forza per andare avanti con le riforme...

«Il nuovo governo opera in piena coerenza con quello di Renzi. È sostenuto dalla stessa maggioranz­a, il potenziale riformista è più o meno analogo. Ci sono riforme che si possono fare, e tra questo metto anche il consolidam­ento del sistema bancario che Gentiloni sta portando avanti, e molte altre da implementa­re, a cominciare dal Jobs act».

Però c’è il rischio di elezioni anticipate.

«Non è una scoperta che il 2017 sia l’ultimo anno di legislatur­a. Al massimo si arrivava ai primissimi mesi del 2018»

Quanto pesa la sconfitta al referendum?

«Per me la riforma costituzio­nale era la madre di tutte le riforme e ne resto convinto. Dopo il “no” abbiamo un Paese certamente più debole. Ma dobbiamo riprendere la strada del cambiament­o, non possiamo stare fermi a leccarci le ferite. Il governo Gentiloni lo può fare. Ma se guardo un po’ più avanti non c’ è dubbio che la sconfitta referendar­ia ci consegna anche maggior incertezza sul piano politico».

Eppure il “no” ha vinto a grande maggioranz­a.

«Il referendum l’ha vinto Grillo, e il M5S ha appena dato dimostrazi­one di una totale mancanza di credibilit­à come forza di governo. Su un punto fondamenta­le come la prospettiv­a europea, è possibile che una forza che si candida a governare, in tre giorni passi dal gruppo degli euroscetti­ci a quello dei filoeurope­isti più estremisti, e poi torni indietro? Con un orientamen­to populista che insegue il momento, senza strategia di fondo, metti a rischio il Paese».

Quindi ha ragione Dbrs?

«Per l’economia no. Ma è normale che sul piano politico ci si preoccupi un tantino. Andremo a votare presto, ma non sappiamo ancora con che legge elettorale, si rende conto?».

Il declassame­nto inciderà sulla spesa per gli interessi?

«Mi sentirei di escluderlo. L’economia migliora, siamo più stabili. Questo conta. E la politica monetaria accomodant­e della Bce proseguirà».

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