«La nuova bocciatura? L’economia non c’entra I motivi sono politici, colpa dell’instabilità»
Il sottosegretario Morando: il Pil del Paese salirà dell’1%
«Non mi pare che la situazione economica italiana, che è in miglioramento, anche se leggerissimo, giustifichi un declassamento del debito. Le agenzie di rating di solito guardano ai fondamentali economici. Ma se il rating deve riflettere anche la prospettiva politica di medio termine è difficile negare che dopo il no al referendum ed essendo arrivati all’ultimo anno della legislatura ci siano dei rischi. O quanto meno una grande incertezza». Enrico Morando, sottosegretario all’Economia, uomo che ha attraversato gran parte della storia della sinistra italiana e oggi del Pd, non gira troppo intorno al problema. Il declassamento dell’agenzia Dbrs, che ha tolto all’Italia l’ultima “A” sul merito di credito della Repubblica, è frutto della sconfitta referendaria. E riflette «l’incognita Grillo».
«La possibilità di crescere nel 2017 dell’1%, che non è molto, è comunque più concreta oggi rispetto a solo pochi mesi fa. I dati sulla produzione industriale diffusi in queste ore segnalano una crescita abbastanza significativa in quasi tutti i comparti produttivi. Anche l’inflazione si muove. L’occupazione cresce più di quanto sarebbe lecito aspettarsi in questo contesto. Il che è positivo, ma ci dice anche che la produttività continua a soffrire, che gli investimenti sono ancora insufficienti, e che le riforme strutturali dovranno dunque proseguire».
Dbrs sostiene che dopo il no al referendum il governo non abbia più la forza per andare avanti con le riforme...
«Il nuovo governo opera in piena coerenza con quello di Renzi. È sostenuto dalla stessa maggioranza, il potenziale riformista è più o meno analogo. Ci sono riforme che si possono fare, e tra questo metto anche il consolidamento del sistema bancario che Gentiloni sta portando avanti, e molte altre da implementare, a cominciare dal Jobs act».
Però c’è il rischio di elezioni anticipate.
«Non è una scoperta che il 2017 sia l’ultimo anno di legislatura. Al massimo si arrivava ai primissimi mesi del 2018»
Quanto pesa la sconfitta al referendum?
«Per me la riforma costituzionale era la madre di tutte le riforme e ne resto convinto. Dopo il “no” abbiamo un Paese certamente più debole. Ma dobbiamo riprendere la strada del cambiamento, non possiamo stare fermi a leccarci le ferite. Il governo Gentiloni lo può fare. Ma se guardo un po’ più avanti non c’ è dubbio che la sconfitta referendaria ci consegna anche maggior incertezza sul piano politico».
Eppure il “no” ha vinto a grande maggioranza.
«Il referendum l’ha vinto Grillo, e il M5S ha appena dato dimostrazione di una totale mancanza di credibilità come forza di governo. Su un punto fondamentale come la prospettiva europea, è possibile che una forza che si candida a governare, in tre giorni passi dal gruppo degli euroscettici a quello dei filoeuropeisti più estremisti, e poi torni indietro? Con un orientamento populista che insegue il momento, senza strategia di fondo, metti a rischio il Paese».
Quindi ha ragione Dbrs?
«Per l’economia no. Ma è normale che sul piano politico ci si preoccupi un tantino. Andremo a votare presto, ma non sappiamo ancora con che legge elettorale, si rende conto?».
Il declassamento inciderà sulla spesa per gli interessi?
«Mi sentirei di escluderlo. L’economia migliora, siamo più stabili. Questo conta. E la politica monetaria accomodante della Bce proseguirà».