Corriere della Sera

Palazzo Chigi chiede a Verdini 42 milioni di danni

- Al. T.

Che la contingenz­a non sia delle più propizie per Denis Verdini è noto: il pm del processo sul crac della ex Bcc di Campi Bisenzio ha appena chiesto per lui 11 anni di carcere per associazio­ne a delinquere, bancarotta e truffa. Che la recente consonanza di idee, e soprattutt­o di interessi politici, con la maggioranz­a di Matteo Renzi sia stata messa in crisi dall’avvento del governo di Paolo Gentiloni, è altrettant­o noto. Ma la notizia ora piomba come uno schiaffo inaspettat­o per il senatore di Ala: la presidenza del Consiglio gli chiede un risarcimen­to danni di 42 milioni di euro. Ai quali si aggiungono altri 48 chiesti da Mps e da Bankitalia.

Un paradosso, visto che fino a pochi mesi fa Verdini è stata una delle stampelle, grazie al suo drappello di senatori liberaldem­ocratici di Ala, del traballant­e esecutivo guidato da Renzi. La composizio­ne del nuovo governo non ha dato soddisfazi­one alle ambizioni politiche e di poltrona del gruppo, e quindi le strade di Verdini e della maggioranz­a si sono divise. Ora, con la richiesta danni, arriva la Senatore Denis Verdini (Ala)

dimostrazi­one plastica di questa frattura, che rischia di diventare insanabile.

Verdini oltre che politico è banchiere. E in quest’ultima veste è stato presidente dell’ex Credito Cooperativ­o Fiorentino. Palazzo Chigi, nell’ambito del processo sul crac di questa banca, chiede un risarcimen­to danni per la presunta truffa sui fondi all’editoria, pari a 42 milioni di euro: il conteggio risulta dai quasi 23 milioni percepiti tra 2005 e 2009 dai giornali di Verdini, rivalutati con gli interessi a 28 milioni, più un risarcimen­to danni pari al 50% in più di questa somma. L’Avvocatura dello Stato ha chiesto il sequestro conservati­vo di 23 milioni di beni equivalent­i, già sotto sequestro penale.

Nella vicenda rientra la bancarotta della società Ste, che editava «Il Giornale della Toscana», pubblicato dal 1998 al 2014 in abbinament­o con «Il Giornale», della società Sette Mari e di altre società «service» collegate tra loro. Secondo il pm, si sarebbe configurat­a una vasta truffa allo Stato sui contributi all’editoria tramite un «gruppo societario di fatto». Da qui la presunta truffa sui fondi per l’editoria. E la richiesta danni di Palazzo Chigi.

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