Record nel Salvador: 24 ore senza omicidi
Frutto dell’azione governativa o della «tregua» tra gang?
Alla sbarra Un ragazzino affiliato alla Mara Salvatrucha detenuto al centro criminale di Ciudad Barrios, in Salvador (Afp) il mercato dell’illegalità.
La cultura della violenza che permea la società salvadoregna è una triste eredità della lunga guerra civile e degli «squadroni della morte» — il conflitto tra il 1979 e il ‘92 provocò almeno 80.000 vittime — ma anche del conseguente esodo in massa dei salvadoregni verso gli Usa. È in quell’epoca che nascono le prime «pandillas», nelle periferie violente delle metropoli californiane, a Los Angeles in particolare. Con la fine della guerra civile, nel 1992, molti esuli sono rimpatriati e con loro sono entrate in Salvador anche le gang criminali. Un fenomeno che è diventato invasione all’inizio del 2000 quando il presidente George Bush ha deciso la deportazione di migliaia di «pandilleros» con precedenti penali. Oggi le «maras» salvadoregne contano circa 70.000 membri (60.000 in strada, 10.000 nelle carceri), su una popolazione di 6,5 milioni di abitanti. Le più attive sono Mara Salvatrucha, o MS-13, e le due principali fazioni di Mara Barrio 18, i Sureños e i Revolucionarios. A differenza delle mafie colombiane o brasiliane, pesantemente coinvolte nel narcotraffico internazionale, le gang del Salvador si sono «specializzate» nel mercato delle estorsioni: il 70% degli