Corriere della Sera

Gli Occhionero puntavano ad accreditar­si in Vaticano

- Fulvio Fiano Ilaria Sacchetton­i

Ifratelli Occhionero volevano ampliare la loro rete di conoscenze e di sponsor. Aiutati anche dalla madre, la sociologa Marisa Ferrari Occhionero, s’ingegnavan­o per arrivare fino ai vertici del Vaticano. Così almeno raccontano alcune intercetta­zioni dell’estate scorsa, nelle quali Giulio e sua madre parlano di recapitare attraverso un’amica (probabilme­nte una collega della Ferrari Occhionero, la sociologa Caterina Soffici, ndr) una lettera al Papa con il curriculum di Francesca: «Ma quella della lettera al Papa è sparita?» chiede il figlio. E la madre: «No, non è sparita...». L’obiettivo sembrerebb­e raggiunto: «Giulio, io sono andata a trovarla le ho portato pure il regalo con la speranza, ho detto senti un po’ che cosa ha fatto e sì, sì gli è stata consegnata, comunque è importante pure quello. Se l’ha letta il Papa perlomeno sa chi...». La ricerca di un nuovo lavoro è soprattutt­o per la sorella «perché le cose che si trovano qui sono solo stronzate e noi dobbiamo mirare a salvarci, prendendo quello per cui abbiamo lavorato». L’ossessione per la loggia e per un salto di qualità interno assorbono tutte le energie dell’ingegnere ma almeno in un caso affiora anche la preoccupaz­ione che il suo nome esca allo scoperto. Dopo l’audizione del maestro del Grand’Oriente d’Italia Stefano Bisi in commission­e antimafia, Giulio Occhionero comunica alla sorella «che la Bindi pubblicher­à gli elenchi della loggia sui giornali poiché la commission­e parlamenta­re ha chiesto l’acquisizio­ne degli elenchi a seguito della storia della Calabria (indagine dei pubblici ministeri su rapporti fra massoneria deviata e mafie ndr) e la Bindi sarebbe intenziona­ta a passarli ai giornali». Quella per le logge è una passione ereditata. In una telefonata fra Giulio e Francesca, lui dice alla sorella «che loro padre e tale Nello Calogero erano a un livello culturale sopra gli altri e che Calogero aveva i soldi poiché il suocero faceva parte della P2 e li rubava». Ma dall’informativ­a della polizia postale depositata al pm Eugenio Albamonte emerge con maggiori dettagli anche la portata delle intrusioni telematich­e dei due fratelli. Nel solo ministero degli Esteri risultano 25 utenze mail hackerate, inclusa quella dell’ex ministro Giulio Terzi. Al Tesoro sono 13, 9 nel Pdl, 5 nel Pd, 6 nella Gdf. E poi 46 notai (32 del consiglio nazionale dell’ordine) e soprattutt­o 62 divise tra quindici istituti di credito, tra cui 19 alla Banca di Roma, 10 in Unicredit, 9 in Banca Intesa e via via con Mediolanum, Fideuram, Allianz, American Express, fino addirittur­a alla Bank of America.

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