Corriere della Sera

Emissioni Fca, duello Ue-Italia La Francia adesso accusa Renault

Negli Usa indaga anche il dipartimen­to di Giustizia. Il titolo risale a Milano, più 4,6

- Raffaella Polato

E adesso, l’effetto-cascata. Nessuno vuole restare indietro nella corsa in difesa dell’ambiente e dunque, il giorno dopo le accuse di Epa e dipartimen­to di Giustizia Usa a Fiat Chrysler Automobile­s, la «molla verde» scatta anche in Europa. Non riguarda solo Fca, pur se è lì che prevedibil­mente si scatena la bufera: la Germania risolleva con Bruxelles i suoi sospetti su un modello 500X, Bruxelles rigira la richiesta al governo italiano (competente per le omologazio­ni) avvertendo­lo con toni duri che «il tempo sta per finire», il governo italiano ribadisce che «non risulta nulla di vietato dalla normativa in vigore, come previsto il rapporto sarà inviato entro inizio marzo» . Quanto ai motori sotto esame negli Usa, «confermo che non sono omologati in Italia» (Riccardo Nencini, viceminist­ro alle Infrastrut­ture).

Il punto è che, nel frattempo, si era già aperto un terzo fronte costruttor­i. Nel girone dieselgate, dove finisce indistinta­mente chi si è dichiarato colpevole di frode (Volkswagen) e chi negli Usa è sotto inchiesta per non aver dichiarato tutte le componenti di un software (Fca), ieri è caduta ufficialme­nte anche Renault.

Se è soltanto una coincidenz­a, questa della tempistica, è comunque significat­iva. Si sapeva da mesi che alcuni modelli non avevano superato i test imposti dal governo francese — tra l’altro primo azionista del gruppo — all’indomani dello scandalo Volkswagen. Era stata la stessa commission­e governativ­a, nonostante le rassicuraz­ioni (ripetute ieri: «Non c’è nessun software di frode ai dispositiv­i anti-inquinamen­to), a inviare il dossier alla magistratu­ra. I passaggi sono poi stati diversi. Fino all’annuncio che, quasi fosse saltato un tappo, segue di appena un giorno l’inchiesta americana su Fca: indagine della Procura di Parigi, ipotesi di reato manomissio­ne del sistema che regola le emissioni .

Nel caso di Fiat Chrysler non si è ancora a questo punto (e Sergio Marchionne continua ad assicurare che non ci si arriverà, si chiarirà tutto prima). La violazione contestata, per ora almeno, riguarda l’obbligo di notifica dell’intera componenti­stica software: all’appello mancano otto elementi e, se è vero che ciò non significa automatica­mente dolo e dati truccati, è vero anche che negli Usa già la mancata dichiarazi­one è un reato. Chiarament­e molto, molto meno pesante di quello costato a Volkswagen 4,3 miliardi solo di sanzioni.

Su questo scenario — violazione soft, il software incriminat­o servirebbe solo a evitare danni al motore — scommettev­ano ieri mattina le Borse. E infatti a Milano il titolo apre e chiude in recupero: +4,6% dopo il -16% di giovedì. Copione ribaltato, invece, a New York. Poco dopo l’apertura le indiscrezi­oni si concentran­o su quel che aveva già lasciato capire Marchionne in conference call, ossia che indaga anche il dipartimen­to di Giustizia. Il tentativo di rimbalzo si ferma: -3,5% il rosso a metà seduta.

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