La lunga notte di Paulo Sousa sospeso tra presente e futuro Lo strano intreccio con Jardim
Portoghese Paulo Sousa, 46 anni, ha giocato due stagioni nella Juve (Getty Images)
Paulo Sousa stasera dentro il frigorifero del Franchi avrà gli occhi di tutti puntati addosso. Quelli dei fiorentini, che si aspettano una scossa dalla loro indecifrabile creatura. Ma anche quelli dei bianconeri perché non è un mistero che il portoghese sia in ballo per la panchina della Juve. «Il mio futuro dipende dal presente e su quello sono concentrato», svicola Paulo, che ha perso la verve di quando era arrivato. Ora è il protagonista di una disarmante normalità: intristito e ingrigito dentro un abito che gli sta stretto. La Juve aveva fatto un sondaggio l’anno scorso, quando la Fiorentina di Sousa era prima in classifica e il suo calcio intenso, dinamico e verticale aveva conquistato l’Italia. Adesso potrebbe riprovarci, anche se gli ultimi dodici mesi dell’ex profeta sono stati deludenti. È presto per capire quale sarà il destino di Allegri, tentato da un’esperienza in Premier League, ma in caso di divorzio Paulo è una possibilità perché è amico del presidente Andrea Agnelli e perché il suo modo di lavorare, totalizzante, quasi maniacale, piace ai bianconeri. Sousa a giugno sarà libero. Questa è una certezza. Lui vuole andarsene e la Fiorentina vuole cambiare. Di sicuro i viola non eserciteranno l’opzione per la prossima stagione con scadenza alla fine di marzo. In quel momento il d.s. Corvino stringerà per cercare la soluzione alternativa. I nomi si sprecano, da Di Francesco sino a Giampaolo. Sarri sembra un sogno irraggiungibile. Nella lista viola c’è però un nome nuovo e sorprendente: Leonardo Jardim, portoghese come Sousa, di quattro anni più giovane, allenatore del Monaco secondo in Ligue1 e negli ottavi di finale della Champions contro il City di Pep Guardiola. Jardim sarebbe qualcosa più di una semplice candidatura. E qui potrebbe nascere un intreccio di mercato. Perché anche lui, insieme a Sousa, è nei pensieri della Juve. Niente di scandaloso, sia chiaro. Il calcio non si ferma mai e a Torino, come a Firenze, cercano di anticipare il futuro. Stasera però si gioca. La notte più lunga di Paulo, che contro Allegri ha perso tre volte su tre, ma sogna lo stesso di ripartire: battere la Juve, con il suo calcio «emozionale», può essere il modo di sedurla.
«Le cose vanno bene ma non per questo non c’è da migliorare — premette Allegri —. Lo step di questa squadra adesso è quello di andare a comandare la partita. Perché quello che inizia è un mese fondamentale per il campionato». Max come Fabio Rovazzi, quindi. Con il suo tormentone di successo. Ma per «andare a comandare» servono per l’appunto i leader, non solo morali, anche tecnici. E a giudicare dall’implosione del gioco juventino quando è uscito Paulo Dybala al 60’ contro l’Atalanta, la crescita passa soprattutto attraverso l’argentino, perché Pjanic ha tante qualità ma non sembra l’uomo-guida di questa squadra: «Comandare la partita significa migliorare sotto il piano tecnico come velocità di palleggio