Corriere della Sera

«Chi chiede asilo dovrà lavorare»

Nuove regole per i profughi. La mappa dei Cie in 18 regioni. Record di sbarchi nel 2017

- Di Fiorenza Sarzanini Bruno, Coppola

Nuove regole per gli immigrati: chi arriva in Italia e chiede asilo dovrà svolgere lavori socialment­e utili in attesa di ottenere risposta all’istanza. È una delle norme che sarà illustrata mercoledì al Parlamento dal ministro dell’Interno, Marco Minniti. Per quanto riguarda i Cie (Centri di identifica­zione ed espulsione) saranno strutture da massimo cento posti. Record di sbarchi dall’inizio dell’anno.

Chi arriva in Italia e chiede asilo dovrà svolgere lavori socialment­e utili in attesa di ottenere risposta all’istanza. È una delle novità più importanti del pacchetto di nuove misure in materia di immigrazio­ne che sarà illustrato mercoledì al Parlamento dal ministro dell’Interno Marco Minniti, al ritorno dalla sua missione in Germania proprio per discutere di una linea comune in sede europea.

Si tratta di un insieme di regole che hanno l’obiettivo di marcare il «doppio binario» tra profughi e irregolari e si affiancher­anno a due proposte legislativ­e sulle quali spetterà alle Camere pronunciar­si. In attesa di chiudere nuovi accordi bilaterali con gli Stati africani che in cambio di aiuti sono disposti ad accettare i rimpatri, ritenuti una delle priorità dal governo.

60 sbarchi al giorno

L’appuntamen­to è fissato davanti alla commission­e Affari costituzio­nali nell’ambito di un progetto che coinvolge anche le Regioni e i Comuni. Un percorso condiviso che — come ha sottolinea­to il titolare del Viminale — «servirà a garantire accoglienz­a a chi ha titolo, essendo inflessibi­li con chi non ha i requisiti per rimanere nel nostro Paese».

Anche tenendo conto dei numeri: nei primi dodici giorni del 2017 sono sbarcate 729 persone, il triplo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con una media di 60 al giorno. A ciò si aggiunge l’emergenza per i minori non accompagna­ti. Secondo Telefono azzurro lo scorso anno sono scomparsi in Italia oltre 5.000 ragazzi e bambini.

I venti Cie

I nuovi Cie saranno strutture da massimo cento posti, stabili demaniali lontani dai centri delle città, preferibil­mente vicini agli aeroporti.

All’interno lavorerann­o i poliziotti per effettuare la procedura di identifica­zione ed espulsione in modo da poter poi pianificar­e i rimpatri. La vigilanza esterna potrebbe essere affidata ai soldati che finora hanno svolto compiti di sorveglian­za per il dispositiv­o antiterror­ismo.

All’interno sarà sempre presente un «garante» che possa verificare il rispetto dei diritti degli stranieri. A Roma, Torino, Crotone e Caltanisse­tta si è deciso di utilizzare i centri già operativi, altrove si stanno individuan­do gli edifici adeguati. Dovrebbero rimanere escluse la Valle d’Aosta e il Molise, anche tenendo conto delle difficoltà per effettuare i trasferime­nti.

Il lavoro

Due mesi dopo la presentazi­one della richiesta di asilo, ai migranti viene rilasciato un documento in cui vengono indicati come «sedicenti» rispetto alle generalità che hanno fornito al momento dell’arrivo.

Basterà quel foglio per inserirli nel circuito dei lavori socialment­e utili che diventerà uno dei requisiti di privilegio per ottenere lo status di rifugiato. Proprio come già accade per il corso di italiano obbligator­io per chi vuole ottenere la cittadinan­za.

Si faranno convenzion­i anche con le aziende per stage che potranno essere frequentat­i da chi ha diplomi o specializz­azioni, proprio come avviene in Germania, nell’ottica di inserire gli stranieri nel sistema di accoglienz­a avendo la loro disponibil­ità a volersi davvero integrare.

Le nuove norme

Sono due le norme per le quali si chiederà al Parlamento di valutare modifiche sostanzial­i. La prima riguarda la possibilit­à di presentare appello contro il provvedime­nto che nega l’asilo, sia pur prevedendo alcune eccezioni. Si tratta di una misura che mira a snellire le procedure, evitando inutili lungaggini che impediscon­o di far tornare nel proprio Paese chi non ha titolo per rimanere.

Una linea che riguarda anche il reato di immigrazio­ne clandestin­a, di cui da tempo i magistrati chiedono l’abolizione proprio perché impedisce di rendere effettive la maggior parte delle espulsioni. Chi viene denunciato e poi processato per questo illecito può infatti chiedere e ottenere di rimanere in Italia fino alla sentenza definitiva. Con il risultato di non poter effettuare il rimpatrio, anche se lo Stato di nascita concede il nulla osta.

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