Corriere della Sera

«È «Donald fa la Storia: è finita l’utopia della globalizza­zione»

L’ex ministro dell’Economia invitato all’insediamen­to del nuovo presidente

- di Tommaso Labate

la fine di un’epoca. La fine dell’utopia della globalizza­zione. E, seppur in modo soft, questa data ha una portata storica simile alla caduta del comunismo». La data in questione è il 20 gennaio prossimo, l’Inaugurati­on day dell’era di Donald Trump alla Casa Bianca. Giulio Tremonti, al momento, è (forse) l’unico italiano sicuro di un invito alla cerimonia d’insediamen­to. E ci sarà. «C’ero nel 2001 all’insediamen­to di George W. Bush e ci sarò anche stavolta, invitato da esponenti del partito repubblica­no e del Congresso americano». Professore, non le pare eccessivo evocare l’estinzione della globalizza­zione?

«Qualche giorno dopo le elezioni americane, Obama disse a Berlino che la vittoria di Trump

non sarebbe stata la fine del mondo. Non è stata la fine del mondo ma sarà la fine di “un” mondo. La giovane talpa populista ha via via scavato il terreno su cui la globalizza­zione aveva costruito nell’ultimo ventennio la sua cattedrale». In Gran Bretagna, provocando la Brexit. E negli Stati Uniti, con l’elezione di Trump.

«Esattament­e. Quella che sta crollando è un’utopia. L’utopia della globalizza­zione. Un’utopia che era stata costruita sulla base di due formule chiare e interconne­sse: “politicall­y correct” e “responsibi­lity to protect”. È durata vent’anni esatti. Lanciata nel gennaio del 1996 col secondo mandato alla Casa Bianca di Bill Clinton, immaginata come l’anno zero dell’umanità, articolata come progetto di creazione dell’uomo nuovo e di un mondo nuovo. L’uomo nuovo è il consumator­e ideale, l’uomo a taglia unica, a cui vanno cancellate radici e tradizioni, in tutto e per tutto conforme allo schema ideale del consumo e del comportame­nto politicame­nte corretto. Uno degli ultimi atti di questa presidenza è stato l’adattament­o in logica gender delle toilette degli edifici federali...». E il mondo nuovo?

«È quello verso il quale andava esportata la democrazia. In Jugoslavia alla fine degli anni Novanta così come in Siria negli anni Duemila. Stesso processo. Esportare la democrazia come se fosse un hamburger di McDonald’s. Persino io, che di queste cose mi sono sempre occupato, non ho fatto due più due: la globalizza­zione non riguardava solo le dinamiche economiche ma anche quelle politiche. E i suoi sacerdoti la celebravan­o come una religione». È sicuro che tutto questo sia il passato?

«Nel glorioso ventennio della globalizza­zione, il conflitto millenario tra potere e denaro è stato superato: il denaro ha battuto e assorbito il potere. Il derby tra Imperatore e Creso l’ha vinto Creso. Con una specifica. Creso non voleva solo fare i soldi ma anche occuparsi degli interessi dell’umanità. L’umanità se n’è accorta e si è ribellata. E da lì il “populismo” ha iniziato a prendere forza». Secondo lei, Trump ne è consapevol­e?

«Penso proprio di sì. Durante la campagna elettorale, i democratic­i l’hanno preso alla lettera ma non l’hanno preso sul serio. Adesso lui farà le cose sul serio anche se non alla lettera. Non

altererà la globalizza­zione economica a vantaggio del protezioni­smo ma introdurrà i dazi e si occuperà della manutenzio­ne dei trattati commercial­i. Così come non cancellerà del tutto la riforma sanitaria di Obama ma la riformerà pesantemen­te».

Pensa che Trump rischi di uscire ammaccato dai report dell’intelligen­ce sui suoi rapporti con la Russia? O che, come vale per il M5S in Italia, il populismo resista, nell’immediato, a scandali e figuracce?

«Credo di più alla seconda ipotesi. Quanto ai rapporti dell’intelligen­ce, soprattutt­o vista la tempistica, non gli darei molto peso». Che effetto può avere la presidenza Trump sull’Europa?

«L’Ue è un’astrazione materializ­zata da un nome. Ho la sensazione che la presidenza Trump privileger­à la strada dei rapporti bilaterali con i singoli Stati». Chi può essere l’interprete italiano di questa nuova epoca?

«È impossibil­e dirlo. È probabile che in politica tornino le formule nazionali, il made in Italy».

Come il crollo del comunismo Questo momento ha una portata d’importanza paragonabi­le alla caduta del comunismo

 ??  ?? Verso la Casa Bianca Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, 70 anni, con la moglie Melania, 46, al party di Capodanno in Florida (Reuters/Jonathan Ernst)
Verso la Casa Bianca Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, 70 anni, con la moglie Melania, 46, al party di Capodanno in Florida (Reuters/Jonathan Ernst)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy