Corriere della Sera

«Trump vedrà Putin». Il giallo dei colloqui islandesi Crescono i dubbi sui futuri rapporti tra il tycoon e Mosca. Repubblica­ni divisi su Tillerson segretario di Stato

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

NEW YORK Fonti della Trump Tower fanno sapere, chiedendo di non essere citate, che «un incontro con Putin ci sarà sicurament­e, ma è prematuro parlarne adesso. Le notizie del vertice in Islanda sono campate in aria». Ieri, Sean Spicer, portavoce del neo presidente alla Casa Bianca, ha smentito in modo perentorio la notizia riportata dal Sunday Times di un vertice imminente tra i due leader, ospitato dagli islandesi appunto: «Non è vero, falso al 100%». Anche Dmitry Peskov, portavoce di Putin, prende le distanze, anche se in modo più sfumato: «Non ci sono stati ancora colloqui su un eventuale summit».

I consiglier­i avrebbero suggerito a Trump di rallentare un po’. Mancano ormai pochi giorni al 20 gennaio, quando il tycoon si insedierà nello Studio Ovale, e il tema del rapporto con la Russia sta monopolizz­ando ogni aspetto del dibattito pubblico. L’ultimo episodio: il parlamenta­re afroameric­ano John Lewis, figura storica della battaglia per i diritti civili, non parteciper­à alla cerimonia di inaugurazi­one perché «la Russia ha truccato le elezioni e Trump non è un presidente legittimo».

Ci sono tensioni anche al Senato. Diversi parlamenta­ri repubblica­ni sostengono di avere seri dubbi sulla nomina di Rex Tillerson a segretario di Stato. L’ex amministra­tore delegato di Exxon Mobil ha grande familiarit­à con Putin e il gruppo dirigente del Cremlino: non sarà un ministro degli Esteri troppo accomodant­e? Ma Trump ha piena fiducia in Tillerson e dal «Transition team», il comitato che sta gestendo il passaggio di consegne alla Casa Bianca, fanno osservare che al Senato «c’è solo un po’ di pantomima». Alla fine, dicono, Tillerson sarà confermato.

In ogni caso non è proprio il momento per annunciare il «meeting» con Putin. Trump, inoltre, vuole segnare le prime settimane della sua presidenza con una serie di provvedime­nti di politica interna. Questo è il ragionamen­to che circola nel suo staff: Donald ha vinto le elezioni con lo slogan «America First», non avrebbe senso se il suo primo atto da presidente fosse un viaggio all’estero. Ciò non significa che i contatti con la diplomazia di Mosca non siano già stati avviati.

Secondo le indiscrezi­oni pubblicate dai media americani, Michael Flynn, consiglier­e designato per la sicurezza nazionale, avrebbe telefonato più volte all’ambasciato­re russo a Washington, Sergey Kislyak. L’ultima chiamata, ha scritto il Washington Post, risale al 28 dicembre. Questa volta il portavoce Sean Spicer non ha negato, cercando, però, di minimizzar­e: «È stata una telefonata di routine, per farsi gli auguri di buon anno». I sondaggi reciproci, quindi, sono già cominciati. Il summit Putin-Trump, quando verrà il momento, segnerà il punto di partenza della nuova politica estera degli Stati Uniti.

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