Quando Gramsci lo paragonò ai socialisti
Antonio Gramsci sapeva essere pungente. Ed è rimasta famosa la sua sarcastica definizione del Partito socialista come «circo Barnum» della politica: uno spettacolo colorito e variegato, con personaggi, attrazioni e numeri per tutti i gusti, alla fin fine grottesco e del tutto innocuo per la borghesia. Si racconta che a Livorno nel gennaio 1921, quando i delegati comunisti abbandonarono la sala del Congresso del Psi per andare a fondare il loro nuovo partito, Gramsci abbia esclamato: «Lasciamo il circo Barnum». Di certo su «L’Ordine Nuovo», il giornale che lui dirigeva a Torino, apparve il 15 giugno 1921 un suo articolo che si rivolgeva al Psi apostrofandolo ironicamente come partito «vecchio e glorioso, che non conosci espulsioni, che non conosci disciplina, Barnum dove ogni italiano liberamente può fare i suoi giochi!». Tutto il contrario di quello che voleva essere il Partito comunista d’Italia: un’avanguardia risoluta, dotata di un programma coerente e votata alla causa rivoluzionaria. Oggi quella visione, mutuata dal bolscevismo di Lenin, è da tempo finita in soffitta, ma la formula coniata da Gramsci ogni tanto riaffiora. Già nel 2005 Beppe Grillo la risfoderò per bollare come «circo Barnum» l’Unione di Romano Prodi. Vittorio Feltri l’ha adoperata più di recente criticando l’agonizzante Pdl. Spesso da sinistra è stata usata per sferzare il Pd renziano. Ma per la verità, nella nostra epoca di partiti pigliatutto, non c’è quasi forza politica di rilievo che non assomigli al circo Barnum. Del resto Gramsci al buon vecchio Psi non rimproverava altro che di essere troppo aperto, pluralista e democratico.
@A_Carioti