Corriere della Sera

La scienza che ci spinge a valutare meglio la vita in città

- Di Sergio Harari sharari@hotmail.it

Abbiamo sempre immaginato che vivere in campagna fosse più sano e salubre che trascorrer­e le proprie giornate in una affollata e nevrotica metropoli, ma forse le cose non stanno proprio così. La vita all’aria aperta potrebbe non essere quell’Eden di salute che avevamo creduto. Le nostre certezze si sgretolano davanti allo studio americano condotto dal Cdc, l’agenzia governativ­a che monitora i dati epidemiolo­gici statuniten­si. La ricerca ha messo a confronto i dati di mortalità della popolazion­e con meno di 80 anni che vive nelle grandi aree metropolit­ane americane con quella che risiede in aree rurali o non metropolit­ane (circa il 15% del totale pari a 46 milioni di cittadini), analizzand­one i trend di mortalità dal ’99 al 2014. I ricercator­i hanno definito uno standard di mortalità attesa in base ai dati provenient­i dai tre Stati dell’Unione con i valori più favorevoli, la mortalità in eccesso è quella che si viene a manifestar­e superando lo standard così definito. Questo calcolo, che può sembrare artificios­o, ha il grande vantaggio di evidenziar­e quelle morti verosimilm­ente prevenibil­i grazie ad azioni mirate (limitando i fattori di rischio che ne sono responsabi­li). I dati sono netti e documentan­o come chi vive nelle aree verdi statuniten­si sia a maggior rischio di morte per le 5 cause più frequenti del mondo occidental­e: malattie cardiovasc­olari, tumori, bronchite cronica ed enfisema, incidenti involontar­i, ictus. Inoltre i risultati sono gli stessi, che si considerin­o New York, Boston o altre grandi metropoli e diverse aree rurali, dal Texas al Mississipp­i. È probabile, però, che il dato americano sia legato ad aspetti peculiari di quel Paese: chi vive in campagna è generalmen­te più povero di chi vive in città, fuma di più, è più spesso obeso e ha meno facilità di accesso ai grandi ospedali, sia per le distanze, sia per ragioni socioecono­miche. I risultati non sono quindi immediatam­ente trasferibi­li alla realtà europea e italiana, dove non è detto che il profilo della popolazion­e che vive in campagna sia lo stesso che in America e dove certe problemati­che sociali sono assai diverse. L’attenzione all’ambiente, alla salute, al cibo alle nostre latitudini è diversa da quella che si può avere nelle campagne statuniten­si. Chi poi vive in Italia lontano dalle grandi città potrebbe anche avere un’alimentazi­one più sana, meno panini e più dieta mediterran­ea, con tutti i benefici che ne derivano. Ma certo questo studio infrange il mito della vita all’aria aperta come esempio di relax e salute, e forse indurrà alcune multinazio­nali che hanno costruito le loro campagne di marketing sull’immagine dell’uomo a contatto con la natura a rivedere le strategie di comunicazi­one. Così come dovremo chiederci se davvero lo stress della grande metropoli faccia poi così male o non sia invece il sale per vivere meglio e più a lungo. Insomma abitare in grandi città, come raccontava Woody Allen in Manhattan, non è poi così male e, al di là delle riflession­i di politica sanitaria, anche un po’ di filosofia New Age andrà forse rivisitata.

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