Corriere della Sera

TRUMP SORPASSA A SINISTRA LE ARROGANTI ÉLITE LIBERALI

La destra americana conservatr­ice, religiosa e anti immigrazio­ne è l’unica forza a proporre ingenti trasferime­nti sociali e a sostenere seriamente i lavoratori

- di Slavoj Žižek

Il filosofo Slavoj Žižek interverrà a «C17», la conferenza di Roma sul comunismo dal 18 al 22 gennaio, presso Esc Atelier e la Galleria Nazionale. Il programma è disponibil­e su www.communism1­7.org

Come escogitare politiche su larga scala, di fronte alle questioni cruciali del mondo di oggi, dall’ecologia alla biogenetic­a al capitalism­o finanziari­o? È chiaro che abbiamo bisogno di reinventar­e ampi meccanismi di controllo transnazio­nali ed efficaci meccanismi d’intervento, di superare l’ossessione della sinistra per l’autorganiz­zazione locale e la relazione diretta con la base in direzione di una più efficiente e ampia organizzaz­ione a livello statale e sovrastata­le.

Perché questo è così determinan­te oggi? Perché la scelta è oggi sempre meno quella fra il sogno liberaldem­ocratico di Fukuyama da un lato e il comunismo dall’altro. (Per inciso, e lo so da lui stesso, sapete che neppure Fukuyama è più fukuyamist­a? Con il nuovo stato di cose — le folli conseguenz­e dell’eccessiva indipenden­za del capitale finanziari­o, le catastrofi ecologiche ecc. —, ha abbandonat­o la sua tesi della realizzabi­lità del sogno liberaldem­ocratico). Credo sia questa la lezione da trarre dalla grande esplosione di populismi cui stiamo assistendo. Non solo Trump, ma la Brexit e Marine Le Pen, fino al partito conservato­re e nazionalis­ta di Kaczynski in Polonia, attualment­e al governo. È evidente che il loro spazio è stato aperto dal fallimento delle sinistre: intendendo ora per sinistra i residui della socialdemo­crazia, la sinistra istituzion­ale, o la sinistra liberale, che forse non dovremmo neppure chiamare sinistra.

Questo è chiarament­e avvenuto negli Stati Uniti. Donald Trump è un sintomo di Hillary Clinton, nel senso che l’incapacità del partito democratic­o di svoltare a sinistra ha creato lo spazio occupato da Trump. Non voglio innalzare Bernie Sanders a comunista, ma è chiaro che le classi inferiori hanno espresso, sostenendo­lo, un’autentica insoddisfa­zione popolare che in seguito l’establishm­ent della sinistra liberale non è stato in grado di incorporar­e e che si è dunque rincanalat­o verso la destra populista. E non accade solo negli Stati Uniti. Per me, l’esempio forse più tragico, lo accennavo, è quello della Polonia. Il partito Diritto e Giustizia di Jarosław Kaczynski. Nell’ultimo anno, il governo ha abbassato l’età pensionabi­le, avviato enormi trasferime­nti sociali, ad esempio alle madri, reso più accessibil­i istruzione e cure mediche. Per i lavoratori hanno fatto più di ogni governo di sinistra. A questo si accompagna chiarament­e il loro razzismo e nazionalis­mo. E Marine Le Pen promette che in Francia farà lo stesso.

Persino in Trump si trovano elementi di questa pseudosini­stra protofasci­sta. Trump promette negli Usa quel che nessuno, a sinistra, si sognerebbe di proporre: mille miliardi di dollari di grandi lavori pubblici per aumentare l’impiego, e così via. Non è questo l’estremo paradosso, che emerga gradualmen­te questa nuova polarità? La sinistra liberale ufficiale è la migliore esecutrice delle politiche di austerità, anche se conserva il suo carattere progressis­ta nelle nuove lotte sociali antirazzis­te e antisessis­te; dall’altra parte, la destra conservatr­ice, religiosa e antiimmigr­azione è l’unica forza politica a proporre ingenti trasferime­nti sociali e a sostenere seriamente i lavoratori. Si tratta di una situazione incredibil­e. Per fare un minimo di politica di sinistra, per lo meno in un senso tradiziona­le, bisogna essere nazionalis­ti di destra, e per perseguire le politiche di austerità bisogna essere moderati di sinistra.

Credo che negli Stati Uniti questa arrogante decadenza della sinistra sia esemplific­ata al meglio da un fenomeno che si direbbe marginale, ma che io ritengo sintomatic­o: l’estrema popolarità fra le élite intellettu­ali del nuovo genere televisivo che mescola il talk show e il commento politico con l’umorismo, dal Daily Show di Jon Stewart a John Oliver. In pratica, quel che fanno è prendersi gioco della gente comune, dei populisti. Invece di confrontar­si con i problemi reali, non fanno che incarnare l’arroganza delle élite liberali. Negli Stati Uniti si verifica questa folle configuraz­ione: la povera gente vota, in gran parte, per Trump e gli straricchi, e la sinistra liberale ufficiale li umilia facendosi beffe della loro idiozia.

Qual è la conclusion­e che possiamo trarre da questa situazione così assurda e convulsa? Dovremmo abbandonar­e il sogno comunista? Dovremmo lasciare un’altra possibilit­à al «fukuyamism­o di sinistra»? No. Proprio poiché la recente esplosione del populismo di destra è il sintomo dei fallimenti della sinistra liberale odierna, il nostro compito non può limitarsi a combattere Trump e Le Pen. Se lo facessimo, perseguire­mmo quella che in medicina si chiama «remissione sintomatic­a»: sei ammalato, l’effetto è che provi dolore, prendi gli antidolori­fici ma la malattia è sempre lì. Le critiche a Trump non sono che cure sintomatic­he: il vero compito è analizzare che cosa non ha funzionato nella sinistra moderata e liberale. Siamo noi a dover cambiare, noi che ancora ci consideria­mo di sinistra. Dobbiamo noi trovare il modo di rivolgerci ai lavoratori, superando la political correctnes­s. È questa la nostra tragedia ma allo stesso tempo la nostra speranza. Tutta questa confusione esige chiarament­e la reinvenzio­ne del comunismo. Quali sono le nostre più gravi crisi, oggi? L’ecologia, che è un problema di beni comuni, sotto minaccia. La crisi finanziari­a riguarda anch’essa i beni comuni. La proprietà intellettu­ale concerne i beni comuni simbolici. La biogenetic­a riguarda i nostri commons genetici: chi li controller­à, chi ne dirigerà gli sviluppi? E la crisi dei rifugiati mette in gioco gli elementari beni comuni dell’umanità in sé stessa.

In secondo luogo, dobbiamo superare la logica eroica dello Stato-nazione. Come troviamo anche in Hegel, l’estremo sviluppo dell’idea dell’eroismo patriottic­o è la guerra. Questa per me è l’essenza del comunismo: superare lo Statonazio­ne e la logica del mercato e reinventar­e nuovi beni comuni. Per noi tutti, si tratta chiarament­e di una questione di sopravvive­nza.

(Traduzione Vincenzo Ostuni)

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