IL SOGNO DI XI JINPING, LA NUOVA GLOBALIZZAZIONE MADE IN CHINA
ÈXi Jinping la star annunciata del World Economic Forum di Davos in Svizzera. Il presidente cinese è atteso dal gotha economico-finanziario del mondo, reso incerto dal rischio di uno scontro Usa-Cina, come il salvatore del libero commercio. Domani parlerà di «ri-globalizzazione» ed esporrà una «visione di destino comune per l’umanità». Una visione made in China. Il governo americano sarà rappresentato dagli ormai ex Kerry e Biden e il nuovo presidente Trump da Anthony Scaramucci, pescato da un hedge fund come consigliere della Casa Bianca. Poi Xi andrà a galvanizzare con la promessa di grande impegno cinese anche l’Onu a Ginevra. La «Xinhua» al solito presenta la missione come epocale, e forse ha ragione. Perché con Trump che gioca la carta del protezionismo affaristico e l’Europa assalita dal populismo, il presidente della Cina nominalmente comunista ma di fatto capitalista è atteso come il grande salvatore. Grazie a Trump la Cina si trova di fronte una enorme opportunità d’inserirsi nel vuoto: «La responsabilità di prendere un ruolo guida a livello internazionale» (sono parole della «Xinhua» sicuramente dettate dal capo prima di partire). «Il mondo d’oggi è strano, gli Usa sono stati i portabandiera della mondializzazione liberista e la Cina comunista il suo nemico. Ma la Cina è ormai leader della globalizzazione e gli Stati Uniti gli oppositori», dice Hu Xingdou, docente di economia a Pechino. Ed è strano che anche sul cambiamento climatico Pechino abbia l’incredibile chance di presentarsi come paladina dell’ambiente a causa dello scetticismo professato da Trump e dai suoi consiglieri ex petrolieri: guardo dalla finestra e vedo la nebbia sporca che avvolge la capitale cinese. Un anno fa i superesperti a Davos ritenevano impossibile Trump presidente e indicavano l’imminente «hard landing» dell’economia cinese. The Donald è presidente e la Cina chiude il 2016 con una crescita del 6,7%. Le previsioni sono una scienza tutt’altro che perfetta.