Franco Pelella
Nel corso di un’intervista Matteo Renzi ha detto cose molto interessanti sul Pd, i notabili e il Sud. Anche se non lo ha nominato, le affermazioni di Matteo Renzi sono rivolte soprattutto contro Vincenzo De Luca. È chiaro che quando parla di vecchio notabilato si riferisce a lui; è evidente che Renzi attribuisce gran parte delle colpe per la sconfitta subita al Sud, in occasione del referendum, alle uscite del governatore della Campania, in particolare al famoso discorso sulle «fritture di pesce» da offrire agli elettori. Il problema, però, è: il Pd avrà la forza di emarginare De Luca? Riuscirà, cioè, dargli sempre meno potere e ad estrometterlo dai tavoli che contano? Matteo Renzi fino ad ora è stato un riformatore solo a parole; ho dei dubbi che abbia la forza e la volontà per andare a uno scontro vero con De Luca.
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Il Sud e Vincenzo De Luca
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Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere
Caro Aldo,
mi pare che le interviste di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi vadano nella stessa direzione: legge proporzionale e larghe intese Partito democratico-Forza Italia. Lei cosa ne pensa? E come giudica le parole di Pier Luigi Bersani che dice «basta parlare solo di flessibilità, merito, eccellenze»?
Caro Alberto,
MTorino
i sembra che lei abbia ragione. Purtroppo. Sulla legge elettorale, l’unico argomento su cui oggi ha davvero potere di iniziativa, Renzi ha giocato la tripla: 1X2; è per il ballottaggio, ma anche per il Mattarellum, e pure per il proporzionale; tanto — è il suo ragionamento — non si potrà fare nessun governo senza il Pd, cioè senza di lui. E Berlusconi dice che per rifare un governo di centrodestra ci vorrebbe il 51%; come a dire che non si farà. Del resto Berlusconi non è più il capo del centrodestra: non sopporta Salvini, e Salvini non sopporta lui. Non restano che le larghe intese.
Il problema, nonostante l’entusiasmo di Alfano, è che sarebbero intese molto striminzite. Anzi, con il proporzionale Pd e Forza Italia forse non avranno i numeri per governare; soprattutto se il corteggiamento reciproco continuerà. Alla fine potrebbero ritrovarsi con più seggi la Lega e Grillo. Che sono divisi su molti punti, ma uniti su quelli essenziali: la rivolta anti-establishment, la linea dura sui migranti, l’ostilità alle istituzioni europee e all’euro. La linea di frattura non è più tra la destra e la «Tramonto in val d’Orcia. Luogo meraviglioso ai piedi di Pienza, entrambe patrimonio dell’Unesco. Terra piena di cultura, storia, tesori artistici e bellezze naturali. Una perla nelle innumerevoli bellezze italiane»: così descrive il lettore Maurizio Cigola la sua foto. (Inviateci le vostre foto quotidiane su Instagram all’account @corriere) sinistra ma tra il sopra e il sotto della società; e l’euro, sempre più impopolare, è il vero discrimine. Pro o contro la moneta unica? Questa sarà la partita delle prossime elezioni.
Quanto a Bersani, magari in Italia si premiassero il merito e le eccellenze. I leader o gli ex leader che ora chiedono la «svolta a sinistra» dovrebbero invece rivendicare i timidi tentativi di liberalizzare un sistema produttivo e distributivo ingessato, che restano quanto di meglio hanno fatto o tentato di fare i governi dell’Ulivo e dell’Unione. Quando poi Bersani considera demagogico dire che abbiamo «troppi politici», viene da dubitare della sua lucidità: gli unici ad avere più parlamentari (se così si possono chiamare) di noi italiani sono i cinesi; che però sono quasi un miliardo e mezzo.