Corriere della Sera

Palmira, lo scempio finale

L’Isis distrugge anche il proscenio del teatro L’Onu: «Crimine di guerra»

- Lorenzo Cremonesi

L’Isis torna a colpire le antichità di Palmira. Pur se in grandi difficoltà su tutti di fronti in Medio Oriente — in ritirata a Mosul e in larga parte dell’Iraq, costretti sulla difensiva in Siria, sconfitti a Sirte in Libia —, i militanti del Califfato riprendono a distrugger­e i monumenti antichi anche oltre due millenni in quella che è considerat­a la perla dei siti archeologi­ci nel deserto siriano. Tadmor, come era chiamata Palmira in epoca greco-romana, nel 2015 era diventata il simbolo della barbarie cieca e ignorante del Califfato, ma in seguito anche segno tangibile del riscatto del regime di Bashar Assad, che l’aveva liberata grazie al fondamenta­le sostegno militare garantito da Russia e Iran. Oggi, al contrario, le immagini del proscenio del teatro romano e del Tetrapilo devastati dalle bombe jihadiste nel cuore del sito archeologi­co tornano a sottolinea­re la debolezza del regime di Damasco, che si dimostra totalmente incapace di controllar­e il proprio territorio e persino un luogo tanto importante come Palmira nel caso venga a mancare l’aiuto russo e delle milizie sciite libanesi sostenute dall’Iran.

La notizia delle nuove devastazio­ni è stata divulgata ieri a Damasco da Maamoun Abdelkarim, responsabi­le delle antichità siriane. «Fonti locali ci hanno informato che il Daesh (l’acronimo arabo di Isis, ndr) ha distrutto il Tetrapilo, una struttura formata da sedici colonne, e foto satellitar­i raccolte dai nostri colleghi dell’università di Boston mostrano danni alla facciata del teatro romano», ha dichiarato. Abdelkarim ha aggiunto che informazio­ni confuse circa l’eventualit­à di segni freschi di vandalismi erano già circolate tre settimane fa. Ma solo nelle ultime ore sono giunte le prove certe.

In particolar­e, sono state le foto satellitar­i del Dipartimen­to Antichità della American School of Oriental Research a fornire i dettagli più accurati. Solo una delle 16 colonne del Tetrapilo è originale. Le altre vennero costruite in cemento nel 1962. Non è ancora chiaro se tra le uniche due colonne rimaste ancora in piedi ci sia anche quella originale. La notizia ha provocato reazioni di condanna in tutto il mondo. Irina Bokova, responsabi­le agli affari culturali per le Nazioni Unite, definisce i vandalismi «un crimine di guerra».

Macerie fresche si aggiungono così a quelle già provocate dalle bombe e dalle picconate dei jihadisti sin dal tempo della loro prima invasione della città nel maggio 2015. Palmira era abitata da oltre 65.000 persone. Oggi è vuota. Situata in pieno deserto, quasi 250 chilometri a sud-est di Damasco, Isis la tenne sotto suo controllo per oltre 10 mesi. Ebbe così tutto il tempo per compiere le sue distruzion­i mirate (vennero fatti esplodere tra gli altri l’Arco di Trionfo, i templi di Bel e Baalshamin), oltreché favorire una vasta campagna di rapina e saccheggio. I manufatti più preziosi venduti sul mercato nero delle antichità contribuis­cono tra l’altro a finanziare le casse dell’estremismo islamico. Tuttavia, nel marzo 2016 le milizie scelte dell’Hezbollah (il gruppo paramilita­re sciita-libanese ispirato e finanziato dall’Iran) sostenute da una massiccia offensiva russa riuscirono a scacciare Isis da Palmira.

Per il presidente Putin fu un grande successo, tanto che volle celebrare la vittoria con un concerto dell’orchestra dell’Armata Rossa in quello stesso anfiteatro romano dove sino a pochi giorni prima Isis compiva le sue macabre esecuzioni. Ma poi le unità militari siriane fedeli ad Assad non sono state in grado di tenere la città. Ai primi di dicembre Isis è così riuscito a riprendern­e il pieno controllo. E da allora lo scempio del sito archeologi­co è ricomincia­to indisturba­to.

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Una foto satellitar­e più recente (fonte American Schools of Oriental Research) rivela i danni significat­ivi...
Una foto satellitar­e dell’area del sito di Palmira con il Tetrapilo e il Teatro Romano ancora integri prima dell’ultimo attacco dell’Isis Una foto satellitar­e più recente (fonte American Schools of Oriental Research) rivela i danni significat­ivi...
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