Corriere della Sera

Nuova segreteria, Renzi sonda i capicorren­te

Incontri con Franceschi­ni e Orfini. Nomine e iniziative nei circoli rinviate per schierare il Pd sul fronte sisma

- Maria Teresa Meli

«Prima il Paese, poi il partito»: Matteo Renzi ha bloccato tutte le iniziative del Pd previste per oggi. Niente segreteria («Saremmo ridicoli se ci occupassim­o delle nostre cose in questo momento») e niente banchetti per l’avvio della «campagna d’ascolto». I circoli del Pd sono stati mobilitati per aiutare le popolazion­i in difficoltà dopo il terremoto: «Andiamo lì dove c’è il disagio vero e prendiamo anche i fischi, chi se ne importa» è stato il monito del segretario.

Renzi farà la sua rentrée sabato 28 alla manifestaz­ione degli amministra­tori locali del Pd e la settimana prossima si occuperà della segreteria, ma per ora tutto è bloccato. La segreteria, comunque, non è stata ancora definita nei minimi dettagli. Le caselle principali sono state già assegnate (Lorenzo Guerini vicesegret­ario, Tommaso Nannicini coordinato­re del programma, Andrea Rossi responsabi­le dell’organizzaz­ione), però mancano gli ultimi tasselli, perché le correnti di maggioranz­a incombono. È di questo che il segretario ha parlato ieri nei suoi incontri con Dario Franceschi­ni e Matteo Orfini.

Anche la legge elettorale che verrà, ovviamente, è stato un tema di conversazi­one, nelle riunioni al Nazareno. I renziani si augurano che la Corte eccepisca solo sul ballottagg­io, in modo da avere, alla peggio, la possibilit­à di andare a votare comunque, senza perdere troppo tempo per fare una riforma che accontenti tutti. Ma mentre Renzi disdice i banchetti e pressa i circoli perché diano una mano in questa situazione d’emergenza, i suoi avversari, neve o non neve, terremoto e non terremoto, si stanno organizzan­do per azzopparlo definitiva­mente. Tant’è vero che Massimo D’Alema ha cambiato strategia. Prima l’ex premier puntava alla scissione, ora non più. Adesso D’Alema, seppur dall’esterno, gioca una partita tutta interna al Pd. Perché l’obiettivo vero degli avversari di Renzi nel partito è quello di non farlo arrivare alle elezioni e di disarciona­rlo al congresso che, presumibil­mente, si terrà a dicembre prossimo.

La minoranza è convinta che se si salta la finestra del voto l’undici giugno è fatta. Allora si potrà dare la scalata al partito, anzi, come dicono i bersaniani, «ci si potrà riprendere la ditta». Con Speranza o con Orlando, poco importa, purché, come dice un esponente della minoranza d’alto rango, «togliamo le chiavi del Pd a Renzi».

È l’ultima partita, quella che giocano i bersaniani e i dalemiani, dopo il successo del No. E il primo step è quello di non far arrivare il segretario del Pd alle elezioni l’11 giugno. Lo giocano con degli alleati esterni: gli esponenti di Sel che contestano Vendola, per esempio. L’ex premier vede muoversi le pedine sullo scacchiere del Pd, e fa mostra di non preoccupar­si: «Io non inseguo il voto, ma ascolto quello che chiede il Paese».

Prima il Paese, poi il partito Saremmo ridicoli a occuparci ora di noi Andiamo lì dove c’è il disagio vero Anche se prendiamo dei fischi Matteo Renzi

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