Corriere della Sera

«Giustizia, ecco i primati che l’Italia non sa di avere»

La ricerca: record europeo di produttivi­tà, Torino e Milano al vertice. Ma è sfida sul peso delle risorse

- L. Fer. lferrarell­a@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Se si demistific­ano alcuni falsi, la giustizia civile italiana ha una reputazion­e peggiore di quanto meriti», è convinto Luciano Violante sulla base della ricerca che la sua fondazione «Italiadeci­de» presenta con il ministero e Intesa Sanpaolo. Dal 2010, rimarca il capo della statistica ministeria­le Fabio Bartolomeo, «i magistrati italiani hanno il primato di produttivi­tà tra tutti i Paesi del Consiglio d’Europa»; e se la Banca Mondiale per le sue classifich­e prendesse non le capitali ma per l’Italia «i tribunali di Torino o Milano o Genova, l’Italia sarebbe subito alle spalle della Francia e davanti alla Germania per tempi medi». Con «buoni dati» pure sulla stabilità delle sentenze, cruciale per «imprendito­ri che — rimarca la responsabi­le affari legali di Intesa, Elisabetta Lunati — devono prevedere con certezza come e quando un loro diritto, nel caso sia contestato, possa essere risolto». «Generi letterari» sullo sfascio della giustizia, ritiene il ministro Andrea Orlando, «servono ad assicurare rendite di posizione e alibi: non c’è relazione di causa-effetto tra risorse e risultati, decisivo è come i capi organizzin­o i tribunali, 7 dei 10 peggiori che ho visitato erano a pieno organico».

«È vero per la patologia, ma — ribatte il procurator­e generale milanese Roberto Alfonso — attenti a non farlo diventare anch’esso un alibi» per il ministero, «avaro — aggiunge il vice del Csm, Giovanni Legnini — nell’interpreta­re l’obbligo costituzio­nale di far funzionare gli uffici». E Gianni Canzio, presidente di una Cassazione sommersa da 83.000 ricorsi a giudici che scrivono 470 sentenze a testa l’anno, esemplific­a: «Abbiamo 3.150 sentenze già pronte, ma non i cancellier­i per pubblicarl­e». Con il 35% di scoperture «non ho più incantesim­i da fare», parafrasa la Tempesta di Shakespear­e la neopreside­nte della Corte d’Appello di Milano, Marina Tavassi, «il personale è allo stremo». E mal distribuit­o, fa capire quando aggiunge che «Torino con 16.000 nuove cause l’anno ha 165 magistrati mentre Milano ha un carico doppio ma non il doppio delle toghe». Il presidente del Tribunale, Roberto Bichi (-34% di cancellier­i), avverte che «i tempi dei decreti ingiuntivi erano un vanto, ora raddoppian­o senza personale che apra le buste telematich­e, ci aiutano gli avvocati». E se Violante, visti gli ottimi risultati nel civile dei Tribunali delle Imprese, propone di dargli anche competenze penali, il procurator­e Francesco Greco addita: «I numeri non sono tutto. Ilva, per le statistich­e, è solo 1 fallimento, ma si porta dietro 20.000 creditori. Abbiamo punte di eccellenza imparagona­bili, siamo i primi al mondo a far pagare le tasse a Apple e Google, eppure è nel totale disinteres­se che facciamo recuperare allo Stato l’equivalent­e di una legge finanziari­a...».

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