Corriere della Sera

Ecco gli antenati che stiamo perdendo

- Giovanni Caprara

quelli giganti del Madagascar (oltre 150 chilogramm­i), non esistono più. Da 25 anni non è più stato avvistato il colobo rosso di Miss Waldron in Africa occidental­e, mentre una sottospeci­e di gibboni è giudicata estinta in Cina. Ma l’uomo può vivere senza le scimmie? «No, perché perderemmo un patrimonio inestimabi­le» risponde Francesco Rovero che con Claudia Barelli del Muse, da oltre una decina d’anni è impegnato in Tanzania nella ricerca americana, occupandos­i del degrado ambientale alla base dell’emergenza. «I primati sono il gruppo più rappresent­ativo delle foreste pluviali e costituisc­ono, quindi, parte importante del bioma della Terra e un capitale evolutivo preziosiss­imo, da preservare con cura. Confrontan­do la nostra biologia con quella degli altri primati, abbiamo la possibilit­à di comprender­e l’evoluzione del nostro cervello, della nostra visione ma anche la nostra vulnerabil­ità alle malattie. L’agricoltur­a intensiva e l’incremento della popolazion­e hanno aggravato la situazione del loro habitat. La soluzione è creare aree protette, incentivar­e la riforestaz­ione, combattere i traffici illegali». «La loro esistenza è fondamenta­le — aggiunge Elsa Addessi, studiosa del comportame­nto e del linguaggio all’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr —. Non soltanto per la stretta parentela con gli scimpanzé, con i quali condividia­mo il 99 per cento del Dna, ma anche perché indagando il diverso adattament­o delle varie specie all’ambiente, individuia­mo modelli efficaci per studiare la cognizione umana».

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