Corriere della Sera

LA NUOVA DOTTRINA DEGLI USA ISOLAZIONI­SMO E PROTEZIONI­SMO L’

Il quarantaci­nquesimo presidente La Cina è l’unica potenza che possa rivaleggia­re con gli Stati Uniti Essa sarà, e già lo è, la sola ossessione della Casa Bianca

- (traduzione di Daniela Maggioni) di Jean-Marie Colombani

insediamen­to del quarantaci­nquesimo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non deve farci dimenticar­e che egli deve la sua elezione alla particolar­ità dello scrutinio americano, non a un voto popolare: Hillary Clinton ha ottenuto due milioni di voti in più rispetto a Donald Trump, il quale deve il proprio successo al ben misero margine di 11.000 voti ripartiti su tre Stati. Così si spiega certamente il record di impopolari­tà del nuovo Presidente, che si installa quindi alla Casa Bianca eletto da una minoranza!

Forse la maggior parte degli americani è inquieta; basti osservare come l’areopago che lo circonda somigli a un Consiglio di amministra­zione di Goldman Sachs. E’ l’influenza di Vladimir Putin che già si fa sentire? Fatto sta che, visto il numero di miliardari di cui Trump ha deciso di attorniars­i, il suo governo è una équipe di oligarchi.

Per quanto riguarda noi europei, abbiamo motivo d’essere ancora più inquieti. Le dichiarazi­oni del nuovo Presidente lasciano pensare infatti che stiamo vivendo un novembre 1989 al contrario. Ieri, un duplice processo — «contenimen­to» dell’impero sovietico e «sviluppo», che con il suo effetto contagio è stato decisivo — ha consentito la disfatta dell’Urss. Il mondo, così come era stato organizzat­o alla fine della Seconda guerra mondiale, si basava in effetti su due assi: il libero scambio e la sicurezza collettiva. L’uno e l’altra sono rimessi in causa da Donald Trump, la cui dottrina è protezioni­sta e isolazioni­sta. Egli dichiara di voler rimettere in discussion­e gli accordi commercial­i, in particolar­e nel continente americano e in Asia, con il rischio di scatenare guerre commercial­i; e gli accordi sulla sicurezza, dichiarand­o «obsoleta» la Nato. Che Putin si faccia minaccioso alle frontiere dell’Unione europea, non sembra preoccupar­lo.

Da un punto di vista americano, Putin è un problema secondario: la Russia è una potenza media, che può certo creare problemi agli Stati Uniti, ma solo marginalme­nte. Come in Siria, per esempio. Ma la strategia americana di ripiego, iniziata da Barack Obama, gli ha facilitato il compito. La Cina è l’unica potenza che possa rivaleggia­re con gli Stati Uniti. Essa sarà, già lo è, la sola ossessione dell’America di Trump.

Vladimir Putin rappresent­a invece un problema, se non una minaccia, per l’Europa, e soltanto per essa. Infatti il Presidente russo si è fissato l’obiettivo di indebolire l’Unione europea, al fine di ristabilir­e il ruolo di tutore che l’Urss esercitava ad Est dell’Europa, a spese di paesi che oggi sono membri della Ue e della Nato. Ebbene, tutto fa pensare che Trump condivida lo stesso obiettivo: indebolire l’Europa.

In effetti Trump, per le questioni europee, si ispira a Nigel Farage, ex Presidente dell’Ukip e punta di diamante della campagna per la Brexit, il cui fine politico è ormai di ottenere lo smantellam­ento dell’Unione europea. Così si spiegano il pronostico formulato da Trump sulla prossima morte dell’Europa, e i suoi accenti anti-tedeschi. Nel nuovo Presidente americano ritroviamo gli elementi di linguaggio di tutti i partiti populisti ed estremisti che hanno come comune dottrina l’ostilità nei confronti della costruzion­e europea. Ecco dunque, a Est come a Ovest, che l’Europa è stretta come in una morsa!

A questo bisogna aggiungere l’adesione — dovremmo di- re la resa — senza condizioni del nuovo governo britannico a tale lotta anti-europea: Theresa May si muove subito sulle orme di Trump, il che la porta a optare per una Brexit «dura», cioè per una uscita dal mercato unico e dall’unione doganale, accompagna­ta dalla promessa di fare della Gran Bretagna un enorme paradiso fiscale alle porte del Continente. Questa congiunzio­ne negativa sopravvien­e in un momento particolar­mente delicato nella vita dell’Unione europea, paralizzat­a o quasi dalla preparazio­ne delle prossime elezioni in Francia, e dopo in Germania: due Paesi senza il cui accordo la Ue non esisterebb­e più...

Per tentare comunque di convincerc­i che il peggio non è mai certo, l’inventario delle divergenze espresse proprio dalle persone che il Presidente americano ha appena nominato può aiutarci: Rex Tillerson, ex presidente del gigante petrolifer­o Exxon, futuro Segretario di Stato, ha garantito che sosterrà il Trattato TransPacif­ico che Trump ha promesso di smantellar­e; promette una diplomazia della dissuasion­e nei confronti della Russia, mentre Trump evoca una soppressio­ne incondizio­nata delle sanzioni economiche decise dopo l’invasione della Crimea. L’attuale direttore della Cia, come il prossimo, Mike Pompeo, mettono in guardia il Presidente americano contro il pericolo che rappresent­a, secondo loro, il suo gusto per dichiarazi­oni intempesti­ve. Quanto a James Mattis, consiglier­e per la Sicurezza, egli reputa «importante riconoscer­e» che Vladimir Putin cerca di «smantellar­e» la Nato. Questa lista non è limitativa.

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