Stefania Duranti
Caro Aldo, tramite la sua posta vorrei fare un appello per non titolare più Roma «Mafia Capitale». Da romana (vera) soffro nel sentire la città appellata in modo spregiativo contro gli innumerevoli apprezzamenti di Milano. La mafia, la camorra, la ‘ndrangheta sono infiltrate dappertutto, specialmente al Nord, ma Roma fa da cassa di risonanza.Vero è che noi romani con i sindaci (di ogni colore) siamo sfortunati: persone senza una cultura della bellezza che la città merita. Nonostante il grido di dolore lanciato da tanti editoriali del Corriere, nessun sindaco, e tantomeno la Raggi, si è sentito offeso .... e il degrado continua.
Cara Stefania, anche io ho sempre trovato l’espressione Mafia Capitale tecnicamente impropria e mediaticamente enfatica. Il risultato all’estero è legare sempre di più il nome del nostro Paese alla mafia. E mai nessuno che ricordi gli italiani che alla lotta contro la mafia hanno sacrificato la vita.
ANNIVERSARI
Arturo Toscanini Vorrei informare il lettore Lunari e gli appassionati di musica che Toscanini, di cui quest’anno ricorre il 6o° anno dalla scomparsa e il 150° dalla nascita, sarà ricordato in Italia e all’estero degnamente. Già dai primi giorni del 2017 istituzioni, aziende e privati hanno avviato azioni in ricordo di colui che il presidente Mattarella ha definito «illuminato interprete della sensibilità musicale del suo tempo, esempio di coerenza negli anni più bui del secolo scorso». Su iniziativa del Gruppo Salini Impregilo, sarà pubblicato il libro fotografico curato da Marco Capra «Toscanini. La vita e il mito di un maestro immortale» (Rizzoli), e sarà presentato il 21 marzo alla Scala, parallelamente all’apertura di una mostra e alla proiezione di un video sul Maestro, curato dal suo biografo ufficiale, Harvey Sachs. Seguiranno eventi negli Usa presso l’Ambasciata d’Italia a Washington e la Libreria Rizzoli a New York. Momenti che celebrano il genio italiano e i valori che hanno ispirato Toscanini come esempio di eccellenza italiana nel mondo.
Luigi Vianello, Roma Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579
Espressione da evitare
lettere@corriere.it letterealdocazzullo @corriere.it
Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere
Caro Aldo,
finora si sono usati termini dispregiativi per definire i populisti, deridendoli, sbeffeggiandoli e sottovalutandoli. Ma questi cittadini di serie B stanno cambiando il mondo con una rapidità che ci sbalordisce, lasciandoci attoniti. Loro hanno eletto Trump, loro hanno determinato la Brexit, loro stanno preparando il terremoto politico nell’Europa continentale.
Caro Francesco,
IFoggia
l neopopulismo ha volti molto diversi. Soffermiamoci su quello del presidente Trump, che si insedia in queste ore. Chi conosce o ostenta di conoscere gli Stati Uniti tiene a ripetere che New York non è l’America. Vero. Neppure Boston, Chicago, Los Angeles sono l’America. Non lo è neppure Dallas, dove Jfk fu assassinato: anche negli Stati conservatori le aree metropolitane sono spesso democratiche (e nel 1960 il Texas aveva votato Kennedy, non Nixon; fu solo al tempo del texano Johnson, vero padre dei diritti civili dei neri, che il Sud si spostò verso i repubblicani). Ma Trump non viene dall’America profonda. Non è uomo del Nord postindustriale. Non viene dal Mid-West, come l’oratore populista Bryan, che infiammava le folle a cavallo tra '800 e '900 ma non arrivò mai alla Casa Bianca. Né dalla Louisiana di un altro populista, Long, che spaventò Roosevelt prima di essere assassinato. Trump è un newyorkese. I suoi contestatori del Village non dovevano fare molta strada: risalivano la Quinta e andavano a insultarlo sotto casa sua. È insomma una strana specie di populista; infatti ha subito teso la mano a Wall Street, che è cresciuta; e ha messo su un governo di miliardari. Più che un Berlusconi, è un Briatore; infatti Berlusconi non l’ha mai incontrato, mentre Briatore è a Washington. Il merito di Trump è aver capito che il discrimine oggi non è tra destra e sinistra, ma tra il sopra e il sotto della società. C’è chi pensa che farà del bene anche all’Europa, mettendola di fronte alle sue responsabilità e sciogliendo la tensione con Mosca. Ma se resterà fedele ai propositi di protezionismo, chiudendo almeno in parte i mercati americani, danneggerà le altre economie, e a lungo andare anche la propria. E il suo disprezzo per l’emergenza ambientale può essere spiegabile in un settantenne, ma dovrebbe preoccupare i suoi giovani figli.