Corriere della Sera

Oro e (super)diamanti certificat­i «Ora speriamo che altri ci seguano»

La signora di Chopard: il nuovo lusso è sostenibil­e, l’Ue chieda a tutti di adeguarsi

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iamanti e gioielli degni di una regina possono essere anche sostenibil­i? «Certo, devono essere sostenibil­i. Perché qual è il vero lusso se non la garanzia che la borsa, l’abito o il gioiello che indossiamo, abbiamo una storia di sostenibil­ità alle spalle?».

Caroline Scheufele, co-presidente con il fratello Karl-Friedrich della maison di famiglia, Chopard, si muove veloce tra l’ufficio e la stanza del design negli atelier ginevrini dell’azienda dove lavorano 700 persone. «Il primo palazzo è degli anni 70, poi abbiamo aggiunto un nuovo building perché il progetto di famiglia resta quello di tenere sotto uno stesso tetto tutte le attività, dalla fusione dell’oro alla creatività dei gioielli: solo così si controlla l’intera filiera — racconta —. Siamo stati i primi a impiegare oro da miniere con certificaz­ione Fairmined, che poi vuole dire che l’oro è estratto in maniera rispettosa dell’ambiente e le comunità di chi lavora in miniera ricevono la necessaria assistenza sociale».

Si scende nei laboratori della fusione dell’oro che sarà utilizzato per collier e orologi. Quanto oro lavorate? «Quasi 4 tonnellate l’anno, e circa 300 chilogramm­i sono di provenienz­a Fairmined — risponde Caroline —, ancora poco perché non è facile procurarlo, sono una minoranza le miniere certificat­e. E poi l’oro Fairmined costa di più, e inoltre il suo impiego comporta riorganizz­are la produzione. È quel che spaventa altre maison del lusso, così per ora Chopard va avanti da sola». E a maggio, sulla Croisette di Cannes, per i 20 anni della Palme d’or del festival ridisegnat­a da Chopard, e dal 2014 realizzata in oro tracciabil­e, Chopard presenterà le novità della Green carpet collection ideata con Livia Firth. «Ma non voglio fare il Don Chisciotte — precisa Caroline —, mi auguro che se la 342 carati Una fase della lavorazion­e del set di gioielli The Garden of Kalahari ricavato da un diamante grezzo da 342 carati. In alto, Valeria Golino con gioielli Chopard a Cannes 2016 Due total look, sneaker comprese, in cui alcuni modelli d’archivio Diadora sono reinterpre­tati nel linguaggio MSGM. Nasce una nuova collaboraz­ione, quella fra il marchio sportivo veneto e la griffe di Massimo Giorgetti. «Sono da sempre appassiona­to di sneaker, così quando Diadora mi ha proposto questo progetto ho accettato senza pensarci due volte, ho sempre considerat­o le loro felpe a righe del della miniera». Nelle mani di Caroline il diamante, purissimo, è divenuto un giardino di gioielli, The Garden of Kalahari. E un docu-film del regista Alexis Veller ne racconta l’avventura. «L’ho fatto tagliare ad Anversa e volevo che dal grezzo originasse­ro gemme a taglio brillante, le più amate dal mercato, e a taglio cuore, il mio preferito. In tutto 23 diamanti, cinque oltre i 20 carati e un brillante da 50». Quanto vale un tesoro così? «Non c’è prezzo — sospira —, per una gemma da 50 carati il valore periodo eighties un cult», dice Giorgetti. «Dimostrere­mo ancora una volta come il nostro mondo lifestyle trovi il proprio posizionam­ento in una distribuzi­one di alta gamma — il commento di Enrico Moretti Polegato, ad e presidente di Diadora —. MSGM è un partner ideale, perché condivide con noi l’identità italiana e la passione per il saper fare che si esprime nell’artigianal­ità delle nostre calzature».

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