Cina, prosegue la lunga marcia del Pil Ma sulle statistiche aumentano i dubbi
Economia su del 6,7%, come nelle previsioni del partito comunista. Il caso Liaoning
PECHINO Obiettivo raggiunto per l’ennesima volta. Pechino ha comunicato i dati economici finali del 2016: il Pil è cresciuto del 6,7% a 74,4 trilioni di yuan (10,8 trilioni di dollari). Perfettamente nel centro dell’obiettivo fissato a inizio anno dai pianificatori del partito comunista «tra il 6,5 e il 7». Dopo i primi tre trimestri al 6,7%, il quarto è stato al 6,8. Questa stabilità e questa notevole striscia di conformità statistica ha fatto dubitare diversi analisti. Si possono davvero inanellare tre trimestri di crescita assolutamente identica? E anche il 6,8 del quarto trimestre, sembra far parte del gioco, quasi che l’Ufficio statistico cinese si sia voluto un po’ beffare degli scettici. D’altra parte, nel suo ormai storico discorso di Davos a inizio settimana, anche il presidente Xi Jinping aveva anticipato il risultato del 6,7 per il 2016, che conferma la Cina seconda potenza economica al mondo per Prodotto interno lordo nominale ma già prima da un paio d’anni se si aggiusta il Pil a parità di potere d’acquisto. E si tratta del risultato più lento dal 1990 per la Cina che per il 2017 dovrebbe fissare l’obiettivo ancora in calo, al 6,5%. Risultati che restano nemmeno sognabili nel mondo occidentale.
Comunque, i dati generali della Cina sono confortanti e buoni. A dicembre le vendite al dettaglio sono salite del 10,9% rispetto a un anno fa. La produzione industriale del 6%. Scendono le esportazioni e aumentano i consumi interni dei cittadini cinesi, il riequilibrio del sistema della Repubblica popolare è in marcia. Il Bureau statistico evidenzia che il settore dei servizi rappresenta ora il 51,6% del Pil, 1,4 punti in più rispetto al 2015 quando per la prima volta salì sopra il 50% superando il settore primario e secondario, vale a dire la produzione tradizionale. Il valore aggiunto dai servizi è aumentato del 7,8% nel 2016 a 38,4 trilioni di yuan (5,6 trilioni di dollari).
Resta la domanda: si può credere alle statistiche cinesi? In realtà non si fida fino in fondo nemmeno il premier Li Keqiang: lo ha detto diverse volte e preferisce guardare al consumo di energia e al volume delle merci che si spostano per misurare il polso alla crescita. Nel 2012 per esempio, rifacendo i conti qualcuno si accorse che la somma dei Pil delle province cinesi era superiore a quella annunciata a livello nazionale: semplicemente impossibile, almeno di «ritocchi» orchestrati dai dirigenti di provincia per fare bella figura con Pechino o di doppi conteggi (sempre possibili perché l’Impero è grande e prodotti, lavoratori e servizi si spostano freneticamente da una regione interna all’altra).
E proprio questa settimana un nuovo scandalo: il governatore della provincia settentrionale del Liaoning ha confessato che tra il 2011 e il 2014 i funzionari delle sue città hanno truccato i dati, rendendoli più belli. Il Liaoning non è una piccolissima provincia: ha 40 milioni di abitanti e un’alta densità di acciaierie.