Fino al 2 aprile una grande mostra al Metropolitan Art Museum di Tokyo Tiziano, Venezia e il Rinascimento: l’arte italiana incanta il Giappone
dal nostro inviato
Nella veduta dall’alto di Jacopo De’ Barbari, Venezia getta uno sguardo sul mare simile a quello di una metropoli come Tokyo mentre il Ritratto del doge Francesco Foscari di Lazzaro Bastiani, con il suo corno dogale, possiede la ieraticità di un coevo samurai.
Si apre con queste allusioni la mostra Tiziano e il Rinascimento a Venezia, 68 quadri e stampe, esposti da oggi al 2 aprile al Metropolitan Art Museum di Tokyo in occasione del 150esimo anniversario delle relazioni tra Italia e Giappone, ricorrenza che si sta celebrando anche a Milano con la mostra di Hokusai a Palazzo Reale (fino al 29 gennaio). L’esposizione è stata realizzata da MondoMostre con NHK (la TV nazionale che produce in 8K, altissima definizione) e le ambasciate di Italia e Giappone, con la cura di Giovanni C. F. Villa, a cui si deve in Italia la riapertura di Palazzo Chiericati a Vicenza.
Le opere provengono dagli Uffizi (presente il direttore Eike Schmidt), da Capodimonte, dal Museo Correr di Venezia, dai Musei Civici di Vicenza e da collezioni private. Prima di arrivare, molte opere sono state restaurate o pulite in Italia con fondi giapponesi.
Questa mostra è una sfida meno facile di quanto si creda, perché Rinascimento qui fa rima con Firenze e non con Venezia. Verso l’arte veneta il Giappone è rimasto un po’ chiuso come lo era nel Cinquecento. I veneziani, invece, erano già allora attratti dal Sol Levante tanto che Domenico Tintoretto (figlio di Jacopo) non si fece sfuggire l’occasione di eseguire un ritratto a Ito Mancio, primo ambasciatore giapponese in laguna: era il 1585.
Con questa mostra, che mira a superare i 200mila visitatori, il Giappone di oggi celebra la pittura uscita dalle botteghe dei vari Bellini e Vivarini, dopo aver celebrato nei mesi scorsi quelle di Botticelli e di Caravaggio (record con 400mila visitatori). E la celebra, anzitutto, parandoci di fronte la magnetica Madonna con il Bambino di Giovanni Bellini, artista tra i primi a liberarsi dal gotico per entrare in un embrionale Rinascimento: se si eccettua l’anodino sfondo azzurro, aggiunto nell’Ottocento, il gioco cromatico del rosso e del rubino della Vergine influenzerà molti pittori veneti e anche Tiziano nel suo ritratto di papa Paolo III.
Nel Cinquecento Venezia è la città del libro con l’editore Manuzio (in mostra una copia della Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna) e dei commerci di tessuti, vetri e bronzi. Il suo ruolo di capitale galleggiante del mondo trova nella pittura un campione in Tiziano, al quale è dedicata gran parte della mostra. Tiziano è poco più che adolescente quando frequenta la bottega di Bellini e di Giorgione.
Il suo innovativo modo di stendere il colore dona forte espressività ai soggetti esposti, come la Flora proveniente dagli Uffizi (posata su un giapponesissimo fondino rosa nei manifesti pubblicitari e negli oggetti di merchandising, spaghetti compresi) o la Danae e la pioggia di monete d’oro da Capodimonte, allusivo ritratto della cortigiana del cardinale Alessandro Farnese. Con la sua pioggia dorata, che rappresenta la fecondazione, Danae è tappa di un fil-rouge dal simbolismo erotico che unisce varie opere in mostra. Una è Leda e il cigno di Jacopo Tintoretto, rielaborazione del nudo femminile disteso diffusasi in ambito veneziano in maliziosa chiave classica. Le altre sono il Satiro e la ninfa di scuola del Veronese e, ancora di Tiziano,
la Maddalena penitente di Capodimonte. Questa è una versione più mistica di quella custodita alla Galleria Palatina, nella quale la Maddalena lascia intravvedere i seni: niente capezzoli al vento e, oltre al vaso per l’unguento, spunta un teschio che serve da leggio.
Nell’ultima sezione della mostra troviamo il Tiziano più maturo con il Ritratto di Paolo III, che con realismo mostra un papa anziano, e i capolavori del Veronese, tra i quali la Sacra Famiglia con i Santi Barbara e Giovannino.
Che agli Uffizi questa tela non sia normalmente esposta, e che si debba andare a Tokyo per vederla, sembra una vicenda da campanile tra scuola Veneta e scuola Toscana. Ma il direttore degli Uffizi, ricordando che anche la Ultima Cena di Bonifacio Veronese «è nel mio ufficio mentre qui è esposta», assicura che la prima entrerà nel normale percorso del museo fiorentino dal prossimo autunno. Stagione in cui, da Tokyo, arriverà agli Uffizi la prima mostra sul cosiddetto Rinascimento giapponese, una quarantina di paraventi provenienti da templi, musei e collezioni private: è di ieri l’accordo con il ministro della cultura giapponese Ryohei Miyata.
Qui, invece, arriverà una mostra sull’Arcimboldo, che certo scatenerà ogni ideazione di merchandising, che rappresenta una forte attrattiva. Infine, è esposta anche la copia delle Nozze di Cana del Veronese eseguita da Alvise Benfatto. Non è una diminuito per i giapponesi: l’originale non l’hanno neppure i veneziani perché Napoleone lo portò al Louvre.