MASCHERE La musica del cosmo Giove e Urano suonano Beethoven e Vivaldi
Innovatori e ribelli di oggi e di ieri, che hanno intuito i mutamenti in corso e hanno dato loro forma, in letteratura e nell’arte. Ne «la Lettura», #269, in edicola da domani fino a sabato 28, si comincia con un rivoluzionario, l’artista inglese Damien Hirst, e si prosegue con cinque pagine su un gruppo di autori che della ribellione fece una bandiera, la Beat Generation.
In un’intervista di quattro pagine, Hirst, l’artista contemporaneo «di rottura» per eccellenza si racconta nel suo studio londinese a Stefano Bucci: le sue opere sono considerate scioccanti, che si tratti di squali (The physical impossibility of death in the mind of someone, 1991) o mucche e vitellini in formaldeide (Mother and child/Divided, 1993). Ma nel raccontare ispirazioni e metodi di lavoro, Hirst spiega che il suo intento non è stupire, ma raccontare ciò che non può essere ignorato: «Le installazioni con gli squali — afferma — non sono altro che la rappresentazione della nostra paura della morte».
Pare questa una caratteristica degli innovatori di sempre: quando l’artista o il poeta sente che un cambiamento nel mondo non può più passare inosservato, ecco l’opera «di rottura». Accadde anche con Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti e gli altri. Quest’anno sono molti gli anniversari dei Beat, a cominciare dai 20 anni dalla morte di Ginsberg e Burroughs, e dai 60 anni di Sulla strada di Kerouac. A parlarne, intervistato da Matteo Persivale, è lo scrittore Jay McInerney. Che spiega come i Beat si ribellarono alla società anni Cinquanta, portando alla luce i fermenti dell’epoca. Una sensibilità attenta al mondo esteriore e interiore, come mostra l’antologia di inediti di Ginsberg di cui scrive Roberto Galaverni. Mentre il 98enne Lawrence Ferlinghetti, tra i protagonisti di allora, parla degli Stati Uniti di oggi nell’intervista a Ranieri Polese, commentando il populismo, l’elezione di Trump e il potere di tv e rete. E infine, Francesco Cevasco fa un ritratto dell’americanista che fu il ponte tra quegli scrittori e l’Italia: Fernanda Pivano, di cui si celebra quest’anno il centenario della nascita.