Metal detector e polizia per il Mozart in chiave islamica A Bologna debutto blindato per «Il ratto dal serraglio» riscritto dal regista Kusej che ama gli eccessi
meteo e le categorie astratte dello spirito. Scarseggia il racconto. E nei suoni vince la ballad con abuso d’orchestra.
Pochi gli iscritti alla categoria suoni del 2017. Premio contemporaneità a Samuel, voce dei Subsonica al debutto solista: «Vedrai» è electro-pop di sostanza. Ermal Meta dedica «Vietato morire» alla mamma che lo portò via dall’Albania: chitarre pop e allegre contrastano con la storia (il testo migliore) di una famiglia dove il padre alza le mani. Anche Gigi D’Alessio si rivolge a mammà: lei non c’è più, ma il sentimento si diluisce in un minestrone dove entrano anche fecondazione artificiale e migranti.
All’annuncio del cast Fiorella Mannoia era fra i favoriti per i bookmaker. Sensazione confermata DAL NOSTRO INVIATO senza contare il peso che avrà la sua interpretazione dal vivo. Si è trovata fra le mani di meglio rispetto al messaggio buonista di «Che sia benedetta», ma la caccia alla ciliegina sulla carriera è aperta. Carriera all’ultima spiaggia invece per Chiara che si è affidata a un signore dei suoni come Mauro Pagani per dare eleganza alla sua ballad. Adesso tocca e lei non sparire, come in passato, sul palco. Francesco Gabbani, vincitore fra i Giovani 2016, replica la formula freschezza: «Occidentali’s Karma» farà ballare con tastiere anni 80 e un testo filastrocca fra citazioni filosofiche e satira sulla società al tempo dei social. La coppia Raige-Giulia Luzi, rapper e attrice della serie «I Cesaroni», è incontro fra hip hop e pop, l’arrangiamento rischia con beat e chitarre slide, l’amore è sullo sfondo, ma vuoi mettere il sesso senza troppi pensieri?
Marco Masini al Festival sbaglia raramente: qui si mette alla prova con l’elettronica e con un’autobiografia per immagini,
Un breve applauso dopo il primo atto, la serata è lunga. Metal detector e tanta polizia, ma si entra in modo ordinato: a Bologna va in scena il Ratto blindato. L’apertura della stagione, nel segno di Mozart, sarà ricordata come quella della bandiera dell’Isis e delle teste mozzate dei prigionieri occidentali, srotolate da quattro sacchi insanguinati. Per Il ratto dal serraglio, le trovate di Martin Kusej, regista austriaco che ama la dismisura, hanno determinato misure di sicurezza inusuali.
Il Singspiel, reso da spumeggiante
Tra le canzoni meno scontate quelle di Samuel e della coppia Raige-Giulia Luzi
a trucido, è stato riscritto per giustificare la nuova ambientazione: dalla Turchia buffonesca del ‘700 al deserto arabo, alle radici del fondamentalismo islamico, durante la prima guerra mondiale. Uno dei protagonisti, il tenore turco Mert Sungu, offeso, ha lasciato la produzione. Parte dei dialoghi in tedesco sono nuovi di zecca, e solo la non familiarità linguistica appiana l’arbitrarietà. Ma ci pensano i sovratitoli, lenti, senza ritmo: «Infedele, la mia lama è sulla tua laringe…».
A Bologna il regista ha trovato la sua intuizione originaria, poiché nel 2015, alla prima quella caduta da bambino, il vizio del fumo, le autocitazioni. Giusy Ferreri piacerà alle radio, contemporaneità e profumi western, ma il testo vince il premio banalità. Paola Turci fa il ritratto di una donna che col passare degli inverni si sente sempre più sicura. Ron gioca di esperienza con una classica ballad. Dal rap ci si aspetta il graffio, non per forza violento, invece Clementino sceglie una strada più melodica (canta pure) e morbida anche nelle rime. Fabrizio Moro ha un pianoforte che cita, senza la stessa ispirazione, «La cura» di Battiato. Il gigante a Aix-en-Provence, dovette subire (contro la sua volontà) alcune sforbiciate: troppo vicini i ricordi della strage di Charlie Hebdo. Se non altro al Comunale non c’è la stravaganza di lingue miste, tedeschi e inglesi. Tenore Il tenore austriaco Bernard Berchtold in una scena dello spettacolo Belmonte corre per salvare la sua Konstanze, la fidanzata rapita assieme alla sua ancella e all’innamorato. Ma diventa un traditore del suo esercito. Siamo tra le dune, sotto il sole cocente. E accanto alla tenda beduina i malcapitati vengono, dagli sgherri e dal tirapiedi Osmin del pascia Selim, vessati, minacciati da armi da fuoco e pugnali, ripresi per il riscatto, se non insabbiati fino al collo. «Oggi è sicuro che i terroristi finiscano per decapitare i loro prigionieri. C’è una parte del mondo che non è pronta per la libertà», dice Kusej. A Bologna c’è un pubblico aperto. L’umorismo mozartiano? Come cercare un’impronta sulla sabbia. «Nessun sorriso, il Ratto come commedia è una tradizione operistica di stampo borghese».
Suggestivo il suo manifesto post-brechtiano sullo sfruttamento neo-colonialista del mondo musulmano. Ma è uno spettacolo che mette l’asticella al di là della diatriba fra tradizionalisti e innovatori. Mentre il direttore Nikolaj Znaider sembra essere dimenticato nella buca dell’orchestra, Mozart va in guerra contro il califfato. Ora aspettiamoci Don Giovanni col saio francescano.