La Cina si dà una regolata, basta ingaggi folli La Federcalcio di Pechino ha annunciato un tetto agli stipendi e un limite a 3 stranieri
PECHINO «Serve una cultura della frugalità» ha appena invocato il presidente Xi Jinping davanti al gotha dell’economia mondiale a Davos. E subito a Pechino eseguono nel calcio. La Federazione ha annunciato tetti agli ingaggi e ai «salari» dei giocatori. Siccome la manovalanza dei calciatori cinesi serve soprattutto a fare numero, arrivare a 11 ed è pagata di conseguenza, la misura si applica agli stranieri.
E la Federazione infatti ha aggiunto il limite di tre agli extra-cinesi che possono scendere in campo nella Super League, la serie A di qui.
La norma calmieratrice (e moralizzatrice visto che la Repubblica popolare è un Paese ancora nominalmente comunista) arriva dopo l’inizio di una nuova campagna acquisti dissennata per un movimento calcistico tecnicamente poverissimo: nazionale di Lippi 83ª al mondo dietro Saint Kitts and Nevis, popolazione 50.000 anime. Dal Chelsea è stato preso dallo Shanghai Sipg l’esile brasiliano Oscar, che sedeva comodo in panchina: record per tutta l’Asia a 60 milioni di euro. L’anno scorso tra gli altri è arrivato il brasiliano Hulk, centravanti gonfio di muscoli come l’uomo verde dei telefilm americani, che vede la porta ma la centra raramente. Di Pellè e dei suoi 35 milioni di ingaggio per due anni ci siamo dimenticati anche perché non vogliamo riaprire la ferita dello sciagurato balletto nel rigore decisivo degli Europei e lo stupido insulto a Ventura.
Proprio ieri è sbarcato Carlito Tevez, che a 32 anni è stato preso dall’altra squadra di Shanghai (lo Shenhua) con un ingaggio da 38 milioni di euro e si è giustificato con i tifosi argentini spiegando che non era più in condizioni fisiche per giocare nel campionato locale, che pure ha ritmi relativamenrischiava te rilassati.
Ogni fine settimana ormai, in Europa prima e dopo le partite si discute sul futuro cinese di un giocatore: Diego Costa dice di avere mal di schiena, Conte lo punisce e si scopre che vorrebbe andare in Cina. Kalinic segna alla Juve e viene tentato (ieri ha detto che resta a Firenze, magari gli hanno detto della nuova regola cinese). Icardi spiega che non lascerà l’Inter per l’Impero di Mezzo «fino a quando non capirò che sono a fine carriera».
La norma anti-follie della Federazione cinese è anche una buona notizia per il football mondiale. La bolla cinese di mettere fuori mercato i club europei, sprecando la classe di molti giocatori anche giovani. Dice Arsene Wenger, storico coach dell’Arsenal: «Non si crea dal nulla una Super League come cercano di fare i cinesi, serve prima una cultura del calcio, come in Inghilterra dove il football professionistico è cominciato 150 anni fa». Si potrebbe dire che è il progresso, che non sempre è meglio del passato. Una volta Nick Hornby, grande scrittore e supertifoso dell’Arsenal, ha detto: «Prima, fino agli anni 70, andavi allo stadio e ti chiedevi “che cosa faranno i nostri campioni quando non giocheranno più, i baristi? gli assicuratori? Ora ti chiedi: si compreranno un’altra Ferrari o una Rolls?”». Wenger ha concluso: penso che il prossimo Paese a pagare a peso d’oro sarà l’India.