Un fiume rosa sfida Trump
La marcia delle donne contro Donald Trump. Un fiume rosa, a Washington e in tutto il mondo. Manifestazioni imponenti, un messaggio forte al neopresidente americano.
Susy ha 67 anni, viene dall’Arizona e tiene sollevato un foglio di carta scritto a mano: «Non ci posso credere che mi tocchi ancora protestare per queste schifezze». Una giovane, nella metro sovraffollata, mostra la sua creazione: «Sono nata nel 1989, non voglio morire nel 1950». La marcia delle donne di Washington, potrebbe stare dentro quei due cartelli, anche se è smisurata, incontenibile. «Una cosa così non si vedeva da anni», scrive in presa diretta il sito del Washington Post. Cinquecentomila, sostengono gli organizzatori e subito dopo il vice sindaco della città, Kevin Donahe.
Sono talmente tante che il neo presidente Donald Trump fa sapere alle autorità locali che è il corteo non deve raggiungere, come programmato, la Casa Bianca. Ma non basterà neanche questo per attenuare l’impatto di un’altra giornata storica per gli Stati Uniti. New York, Chicago, Atlanta: ovunque manifestazioni imponenti. Ci sono anche tanti uomini, ragazzi mano nella mano delle fidanzata; signori di mezz’età con l’intera famiglia.
Sarà questa l’opposizione sociale, quella vera, al governo di Trump? Per ora un fatto sicuro: le donne americane hanno risposto all’appello lanciato da Bob Bland, una «fashion designer» di New York su Facebook il giorno dopo le elezioni, con una spinta spontanea, non mediata o filtrata. Sì certo in piazza ci sono le associazioni di riferimento, come «Planned Parenthood», l’organizzazione che difende la legislazione sull’aborto. È vero, il comitato organizzatore si è rapidamente burocratizzato, producendo «una piattaforma di contenuti» e distribuendo i posti tra le rappresentanti bianche, afroamericane e latine. E infine, sì, ancora una volta le «celebrities» si sono prontamente arruolate e addirittura promosse al ruolo di leader almeno per un giorno. A Washington, le attrici Scarlett Johansson e America Ferrera, il regista Michael Moore. Sul palco la popstar Madonna annuncia che «la rivoluzione comincia oggi e da qui», ripetendo, non si sa quanto consapevolmente, le parole di Trump nell’«Inauguration Day».
Ma è comunque il tema chiave: sarà questo movimento a rappresentare la parte dell’America spaventata dal miliardario alla Casa Bianca? Il partito democratico è, non si sa per quanto, fuori servizio. Hillary Clinton, che forse avrebbe dovuto prendere il microfono, è rimasta casa, facendosi rappresentare da un tweet scontato, come fosse un telegramma indirizzato a lontani conoscenti: «Grazie per la difesa dei nostri valori…» Brave, continuate così. Non si è visto nessun altro, a parte l’ex segretario di Stato John Kerry che ha fatto un pezzo di strada con il suo Labrador al guinzaglio. Quasi una passeggiata di salute.
Eppure queste donne che indossano il «pussyhat», il cappellino rosa e con le orecchie di gatto, come se non avessero mai portato altro, costituiscono oggi l’unica alternativa visibile, misurabile al nuovo corso di Donald Trump. Perché anche questo è «popolo», con forti passioni e, inevitabilmente, qualche esagerazione. In piena ribellione, quasi anarchica, con «vaffa» declinati in mille modi e due semplici slogan, gridati al resto del Paese che osserva in diretta tv: «Ehi, ehi, Donald Trump, vattene a casa!». E soprattutto: «Noi siamo la vera America, noi siamo la vera democrazia».
Simone, 38 anni fa la consulente strategica di una tech-company di Chicago. Tiene per mano la figlia Poppy, 9 anni. «È la prima volta che partecipo a una manifestazione. Mi sono organizzata da sola e sono venuta: per me la situazione degli Stati Uniti ricorda quella della Germania degli anni Trenta». Rosita Hars, afroamericana di 37 anni, truccatrice di Brooklyn, ha il viso coperto da una veletta nera: «Sono in lutto perché vogliono uccidere i miei valori e i miei diritti». Susan si è messa in macchina alle due di mattina, a Cleveland e ha guidato per otto ore: «Non avrei mai pensato di fare una cosa del genere prima che arrivasse Trump». Nicole, 34 anni, e Colette, 37, girano con la foto dei loro figli attaccata sulla schiena: «Siamo qui per loro». Sono sorelle, tutte e due avvocate di New York: «Non abbiamo mai fatto politica. Non sappiamo dove ci porterà tutto questo, però Trump ha smosso anche persone come noi. Anche questo è un fatto nuovo».