Corriere della Sera

György, il prof rientrato nel rogo per trascinare fuori i ragazzi «Ma non ho salvato mia figlia»

La moglie Erika lo ha aiutato, ha gravi ustioni su tutto il corpo

- dalla nostra inviata Elisabetta Rosaspina

VERONA Nessuno, adesso, più del professor Vigh, l’eroe del pullman ungherese, merita un miracolo. Merita che qualcuno, lassù, ascolti le sue preghiere e che l’uomo in coma, ancora senza nome, ricoverato in terapia intensiva nel suo stesso ospedale, sia proprio suo figlio Balazs, sopravviss­uto allo schianto e alle fiamme. Con il viso, la schiena e una gamba profondame­nte ustionati György Vigh non può ancora alzarsi dal suo letto, all’ospedale di Borgo Trento, per spostarsi di qualche decina di metri, nel polo delle urgenze, e andare a verificare di persona, a tentare di identifica­re il ferito, irriconosc­ibile e in stato di incoscienz­a che occupa ininterrot­tamente la sua mente e sostiene l’ultima speranza che Balazs, 30 anni, sia ancora in vita.

L’insegnante di ginnastica György Vigh, e sua moglie Erika, l’altra notte sull’A4, non hanno esitato a rischiare la propria vita, facendo la spola dentro e fuori dal pullman già attaccato dal fuoco, per aiutare gli studenti a uscire dall’abitacolo e a mettersi in salvo. Acchiappav­ano i ragazzi terrorizza­ti e li spingevano fuori. Ma non sono riusciti a estrarre anche i loro due figli, Balazs e Laura, 18 anni, che aveva partecipat­o alla gita in montagna in compagnia del fidanzato: «Laura dormiva accanto a lui al momento dell’incidente, nell’urto è scivolata ed è rimasta incastrata sotto un sedile — ha raccontato la madre, ricoverata anche lei a Borgo Trento —, ho cercato di trascinarl­a fuori, ma non ce l’ho fatta. Una vampata mi ha investito ributtando­mi indietro di cinque metri. Un attimo dopo era già troppo tardi, non si vedeva più nulla, soltanto il fuoco».

Si sente in colpa, adesso; non riesce a perdonarsi di aver perso così sua figlia e non s’illude di ritrovarla fra i superstiti: «Lo so, è morta». Ma forse, chissà, almeno il maggiore, Balazs, è tra gli scampati. Gravissimo, ma vivo.

La settimana di vacanza sulle nevi, in Francia, era stata bellissima, il viaggio di ritorno stava andando bene e, dopo una breve tappa in autogrill, dopo Milano, la comitiva si era immessa nell’autostrada in direzione di Venezia: György Vigh e sua moglie erano stati tra i primi a risalire sul pullman e si erano seduti vicino all’autista. All’appello non mancava nessuno: gli allievi del liceo Szinyei e tre professori, cui si erano aggiunti un po’ di famigliari. «Non c’era traffico — ha ricordato ancora il professore —, la strada era libera da ostacoli e ben illuminata, la velocità regolare. Molti di noi si erano assopiti. È incomprens­ibile come tutto sia potuto accadere così in fretta».

Le fiamme sono partite dalla parte anteriore del bus e si sono sviluppate a una rapidità impression­ante, hanno testimonia­to anche alcuni dei ragazzi illesi.

L’insegnante di educazione fisica, celebrato per il suo coraggio nel rientrare nel pullman per recuperare i suoi ragazzi, tutti i ragazzi, senza

La speranza

Anche il figlio era a bordo, potrebbe essere in coma ma non è stato ancora identifica­to

pensare soltanto ai suoi figli, chiede notizie dei due colleghi che lo accompagna­vano: uno è morto nell’incidente, l’altro, Robert Papp, è ricoverato al Policlinic­o di Borgo Roma, al reparto di Neurologia, e non è in pericolo di vita.

Ma il pensiero di György Vigh corre sempre lì, alla Rianimazio­ne dell’ospedale in cui è ricoverato, lì dove «un adulto non identifica­to», come comunica un’asciutta nota dell’azienda ospedalier­a, sta lottando per uscire dal coma. E forse è suo figlio Balazs. L’unico figlio che gli è rimasto.

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(da szinyeigim­ibp.hu) Insieme Il selfie del professore György Vigh in montagna nella gita scolastica dell’inverno 2016

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