«Così ho volato sulla Guerra» L’ultimo pilota compie 100 anni
Giancarlo pilotava i caccia nel ‘45
e della mira sbagliata. «Il ponte è rimasto lì, meglio così». Era l’anno del P39, l’Air Cobra, «il miglior aereo che abbia mai guidato, 1500 cavalli dietro alla schiena, un cannoncino da 37 millimetri attraverso l’asse dell’elica e quattro mitragliatrici sulle ali». Prima c’erano stati i CR30, il famoso CR32, il CR42 Falco, il Macchi 200 e il G50, «il più brutto apparecchio della mia carriera — ammette — l’unico con cui ho avuto un incidente serio per un atterraggio troppo lento».
Galbusera si considera uno Ieri Giancarlo Galbusera nella foto del suo libretto di volo e accanto a un aereo dei più fortunati della guerra. «Venivamo visti come dei privilegiati, figli di un’Italia ricca». Suo padre era direttore del cotonificio di Rossiglione, e i suoi compagni di volo si chiamavano Carlo Negri, giovane rampollo della famiglia Pirelli, Pier Ugo Gobbato, figlio di Ugo Gobbato alla presidenza dell’Alfa Romeo, e Giorgio Bertolaso, papà dell’ex capo della Protezione civile. «La metà dei miei compagni non ce l’ha fatta, passare tra una scheggia e l’altra di un’antiaerea non era facile, e quelli che riuscivano ad atterrare e non avevano la fortuna di cadere fra le braccia dei partigiani, venivano fucilati dai tedeschi». È quello che è successo al suo migliore amico, il sottotenente Carlo Negri. «Dopo l’armistizio dell’8 settembre si era offerto volontario per lanciare su Coriza un messaggio destinato al reparto italiano, ma il suo Aermacchi C205 fu colpito e a terra venne catturato e fucilato dai tedeschi».
Il volo, dopo la guerra, è rimasto l’hobby e la passione di un uomo che è diventato imprenditore aprendo un maglificio, una ditta di materiale subacqueo, e un’azienda di materie plastiche, supportato dalla moglie Oriana di 32 anni più giovane, sposata al suo rientro a Genova. «Perché la vita da generale a riposo non faceva per me». E a questo punto è svelato il segreto della sua longevità.
Venivamo visti come dei privilegiati, figli di un’Italia ricca Ma la metà dei miei compagni non ce l’ha fatta, sono stati abbattuti in volo o fucilati dai tedeschi