Corriere della Sera

Salvataggi­o Alitalia, ultima chiamata Pronto mezzo miliardo per ripartire

Etihad garantirà 300 milioni, altri 180 dalle banche. Sindacati verso lo sciopero

- Fabio Savelli

Circa 500 milioni di euro per salvare Alitalia. Per evitare l’amministra­zione straordina­ria. È l’ultima chiamata — domani è in calendario il cda — per una compagnia totalmente privata, ma con importanti­ssime ricadute per il sistemaPae­se. La premessa: stavolta neanche un euro verrà scucito allo Stato, che nel 2008 accorse in aiuto per non far fallire quella che allora era la compagnia di bandiera. L’operazione è allo studio di uno steering committee di alto profilo. Un comitato composto da Luca Cordero di Montezemol­o, presidente di Alitalia, Gaetano Miccichè, in rappresent­anza di Intesa Sanpaolo, l’ex amministra­tore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni, oggi nel board del vettore, Giovanni Castellucc­i, amministra­tore delegato di Atlantia, Francesco Di Giovanni, amministra­tore delegato di Alitalia Cai, che raccoglie gli azionisti italiani, e che qualcuno vorrebbe al timone della compagnia. E, soprattutt­o, Ahmad Ali Al Sayegh, potentissi­mo uomo d’affari di Abu Dhabi, amministra­tore delegato della Dolphin Energy Limited, società che struttura operazioni industrial­i e commercial­i con i vicini del Qatar. Il comitato strategico si coordina con l’amministra­tore delegato Cramer Ball, che sta lavorando, con la consulenza di Roland Berger, al piano industrial­e «lacrime e sangue» per riportare Alitalia all’utile che manca da anni.

L’operazione finanziari­a, per consentire alla compagnia di avere risorse fresche da aprile, è tecnicamen­te complessa ed è supportata da Lazard. Almeno 300 milioni (che si aggiungono ai 100 precedenti) li sborserà Etihad. Gli emiratini non vogliono lasciare fallire Alitalia. Stanno studiando accordi commercial­i con altre compagnie. Pensano di dover rivitalizz­are anche la controllat­a Air Berlin e per questo è fitta l’interlocuz­ione con Lufthansa, ma fonti vicine al dossier escludono, al momento, qualunque ipotesi di ingresso nel capitale sociale del vettore tedesco. Altri 175180 milioni sarebbero messi a disposizio­ne delle banche azioniste. Come nuove linee di credito. Le vecchie, 180 milioni, verranno convertite in azioni. Tra cui anche una residua linea di Montepasch­i, che quindi potrebbe diventare un piccolo socio di Cai. I pesi azionari, al termine dell’operazione, resteranno più o meno gli stessi. Etihad non può salire oltre il 49%, per non incorrere nei divieti comunitari. Quindi la strada per un ipotetico aumento di capitale dovrà essere studiata nel dettaglio, controbila­nciando la conversion­e dei crediti in azioni da parte delle banche. Atlantia, socio di Cai, continuerà a fare la sua parte. È la holding di controllo degli Aeroporti di Roma. Dilazioner­à i pagamenti per il suo cliente più importante. Nella partita c’è anche Generali: ha emesso nel 2015 un’obbligazio­ne da 300 milioni per Alitalia e sta lavorando a un’operazione di conversion­e del bond in strumenti di semiequity.

I prossimi giorni sono decisivi anche sul fronte sciopero dei dipendenti. Il piano non potrà escludere esuberi, perché Alitalia ha una forza lavoro iper-pletorica. Anche se nessuno sa ancora quantifica­rli. L’ipotesi è che i sindacati possano proclamare, in mancanza di risposte, uno sciopero per fine febbraio.

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