Bocelli La vita in un film
Il regista Radford: svelo i tormenti del tenore prima del successo ma chiedo totale libertà perché non voglio fare un santino
fotografico per immagini. Dovevo cercare una chiave drammatica». Bocelli è un brand e Radford sa che in queste storie incombe il rischio di farne un santino: «È il problema di tutti i biopic, una trappola che non mi interessa. Ciò che mi interessa è com’è venuto il film. Cercavo un conflitto, un corto circuito. C’è un ragazzo che scopre di avere una voce importante. Vuole diventare cantante ma è cieco».
Com’era Andrea da adolescente? «Timido e impertinente, ironico e coraggioso». I due si sono conosciuti: «Lui è molto religioso. Ha una volontà di ferro, è una forza della natura, mi ha detto che il caso non esiste». Il cantante fa un cameo e dà la sua voce: «È buffo perché a un certo punto gli abbiamo chiesto di cantare male apposta, era il periodo iniziale nei pianobar». Sullo schermo Andrea-Amos è Toby Sebastian, inglese come il regista, è diventato famoso con Il trono di spade: «Io sono anche musicista, sul set ho avuto un maestro di canto, il mio salvatore: è stato importante per imitare la postura e lo sforzo di Bocelli mentre canta, ma è giusto che si senta la sua voce. L’ho conosciuto, è gentile, accogliente. Non ha mai consentito alla sua cecità di interferire con la sua carriera».
La vista era già compromessa quando, da ragazzino, durante una partitella con gli amici fu colpito da una pallonata in pieno volto. E fu il buio. «Sono difficili — spiega Radford — le scene con i non vedenti. Cosa fai, gli occhi opachi che guardano per terra, come Profumo di donna?».
Il maestro di canto di Bocelli nel libro è un 80enne e ha poco spazio; qui come altri personaggi di contorno (la tata, la maestra del collegio, lo zio Giovanni interpretato da Ennio Fantastichini) viene esaltato, è molto più giovane e ha il volto di Antonio Banderas. Le sue prime parole al giovanissimo Andrea sono: «Hai una voce d’oro, ma quando canti fai l’esatto opposto di quello che dovresti fare». «Quando mi imbarco in un film di questo tipo — racconta Banderas — guardo alla prospettiva più ampia. È una riflessione sui sacrifici e le rinunce che si fanno per realizzare qualcosa che si vuole ottenere. È anche la mia storia. Vale per chiunque, non solo per gli artisti, a cui spesso si guarda come a un grande albero di Natale: le decorazioni…».
I genitori nel film sono Luisa Ranieri e Jordi Mollà, attore caro a Almodóvar. Girato vicino a Lajatico (paese natale del cantante) e Roma, nei titoli di coda si utilizzano immagini di repertorio, tra cui l’incontro con l’ex presidente Obama e il concerto con Céline Dion. Ciò che manca è il controverso rapporto col mondo operistico. La storia si ferma sulla soglia del trionfale successo, poco dopo l’apparizione a Sanremo.